giovedì 19 maggio 2022

Il potere di Adesso

 C'è una vocina che parla costantemente nella nostra testa, alcune volte ne siamo pienamente consapevoli, altre meno. Non riusciamo a fare a meno di ascoltarla. Di solito è pessimista, piena di paure, diffidente verso il prossimo, odia i cambiamenti. Quella voce è il nostro Ego. Da quando l'ho scoperto gli ho pure dato un nome. No, non è Bruno.


Detta in modo molto semplice: quella voce è il male, L'Ego è il male. Ci tiene incatenati tra il continuo rimuginare sul passato e la paura, o speranza, verso il futuro e soprattutto ci convince che sia lei ad essere la nostra identità.

Eckart Tolle nel suo libro “Il potere di adesso” scrive dell'importanza dell'unico momento importante in cui dobbiamo vivere: il presente. E quando raggiungeremo la piena consapevolezze del momento, quando ci libereremo da quello che lui chiama il tempo psicologico, riusciremo anche ad entrare in contatto con l'Essere, cioè la nostra vera e più pura e profonda essenza.

...nella più profonda dimensione dell'Essere sei completo e integro proprio adesso... a un livello più profondo sei già completo... Essere libero dal tempo psicologico ti spinge a perseguire i tuoi obiettivi non più mosso da una severa determinazione, dalla paura, dalla rabbia, dal malcontento, o dal bisogno di diventare qualcuno. Né rimarrai inattivo per paura di fallire, cosa che per l'ego coincide con la perdita della propria identità. Quando il tuo profondo senso di identità viene attinto dall'Essere, quando sei libero dal bisogno psicologico di “diventare” qualcosa o qualcuno, e quando né la tua felicità né il tuo senso d'identità dipendono dal risultato, non hai più paura... Non pretendi che siano le situazioni, le condizioni, i luoghi o le persone a doverti fare felice, per poi essere deluso se non sono all'altezza delle tue aspettative.

Come riuscirci? Bisogna incominciare ad ascoltare l'Ego, senza giudizi e senza coinvolgimento. Col tempo si impara a riconoscere i pensieri ricorrenti, le situazioni che li scatenano e, di conseguenza, le nostre azioni e reazioni.

Abituati a monitorare il tuo stato mentale con l'auto-osservazione. “Sono a mio agio in questo momento?”... Oppure: “Che cosa sta succedendo dentro di me in questo momento?”... Focalizza la tua attenzione all'interno. Guardati dentro. Che tipo di pensieri sta generando la tua mente? Che cosa provi? Concentrati sul corpo. Avverti qualche tensione?

Un poco alla volta, si diventa consapevoli. Il processo è lungo, numerose sono le ricadute, i risultati però sono sorprendenti.

Una volta che hai eliminato l'identificazione con la mente, avere ragione o torto non fa più nessuna differenza per il tuo senso di identità, perciò non avrai più il bisogno compulsivo e profondamente inconsapevole di avere ragione (che è una forma di violenza). Puoi affermare chiaramente e con fermezza quel che pensi o ciò in cui credi, ma non lo farai in modo aggressivo né mettendoti sulla difensiva, perché a quel punto la tua identità deriverà da un luogo più profondo e autentico dentro di te, non dalla mente... Che cosa stai difendendo? Un'identità fantasmagorica, un'immagine mentale, un'entità fittizia... Questa è la fine di tutti i litigi e giochi di potere, tanto nocivi per le relazioni. Il potere sugli altri è debolezza mascherata da forza. Il vero potere è dentro di te ed è a tua disposizione adesso.

Liberarsi del tempo significa essere liberi dal bisogno psicologico del passato e del futuro, intesi rispettivamente come fonti di identità e appagamento.

Per te il passato deve essere morto a ogni nuovo istante. Non ne hai bisogno. Riferisciti a esso solo quando è strettamente necessario per il presente.

Quando ci convinciamo che il passato ha più potere del presente, manifestiamo una identità da vittima... Significa credere che gli altri con le loro azioni siano responsabili della tua incapacità di incarnare la tua vera identità... sei tu il responsabile del tuo spazio interiore adesso, nessun altro, e che il passato non può prevalere sul potere di Adesso.

Liberati anche del futuro.

Non è inusuale che la gente trascorra l'intera esistenza aspettando di cominciare a vivere. L'attesa è uno stato mentale. In pratica, significa che desideri il futuro e che non vuoi il presente. Non vuoi quel che hai, ma quel che non hai.

La riconoscenza per il presente e la pienezza della vita adesso rappresentano la vera prosperità.

Se sei presente, non hai mai bisogno di aspettarti chissà che.

Il libro è scritto sotto forma di risposte alle domande che l'autore ha ricevuto in modo ricorrente nel corso degli anni. Ho faticato a trovare un filo logico e non sempre mi sono trovata pienamente d'accordo con i suoi ragionamenti: di fronte ad alcune tragedie che possono capitare nella vita credo sia difficile, se non impossibile, essere felici nel presente e i suoi consigli sono stati dati un po' troppo alla leggera.

Ho trovato davvero interessanti ed illuminanti alcune interpretazioni della Bibbia, del Vangelo e della parola di Gesù. Mi ha confermato che, con le persone giuste, la Chiesa potrebbe avere più seguito.

Mi ha fatto piacere scoprire di essere sulla buona strada, di aver compreso da sola nel corso di questi ultimi due anni che cosa c'era che non andava nella mia vita e in me, di aver deciso fermamente di cambiarlo e di essere costante in questo mio percorso. Imparare è una cosa bellissima e spero non smetterò mai di farlo.

La tua percezione del mondo è un riflesso del tuo stato di consapevolezza. In ogni istante, la tua consapevolezza crea il mondo in cui vivi.

Ovunque tu sia, vivi pienamente nel qui e ora. Se trovi che il tuo qui e ora sia intollerabile e ti rende infelice, hai tre possibilità: esci da quella situazione, cambiala oppure accettala completamente così com'è. Se vuoi assumerti la responsabilità della tua vita, devi scegliere una di queste tre opzioni, e devi farlo adesso. Poi accetta le conseguenze della tua decisione. Senza scuse. Senza negatività.

Un'azione qualunque spesso è migliore dell'inattività, soprattutto se sei bloccato da tempo in una situazione infelice. Se dovesse rivelarsi un errore, almeno imparerai qualcosa. Ma se rimani bloccato, non impari niente.

Non opporre resistenza alla vita... 

“Accetta tutto quello che ti arriva intessuto nella trama del destino, che cosa infatti potrebbe adattarsi meglio ai tuoi bisogni?” Marco Aurelio

lunedì 14 febbraio 2022

Love is...

 

Non mi ero mai domandata l'origine della festa di San Valentino, e voi? Così ho fatto una breve indagine su Internet e ho scoperto che, tanto per cambiare, inizialmente era una storia pagana di cui si sono appropriati i cristiani.

L'originale festività religiosa prende il nome dal santo e martire cristiano Valentino di Terni e venne istituita nel 496 da Papa Gelasio I, andando a sostituirsi alla precedente festa pagana dei Lupercalia, di radice arcaica legata al ciclo di morte e rinascita della natura, alla sovversione delle regole e alla distruzione dell'ordine per permettere al mondo e alla società di purificarsi e rinascere. Questa festa era accompagnata da vari rituali, mascherate, cortei, e giornate in cui i servi prendevano il posto dei padroni e viceversa, con l'intento di innescare un processo appunto di rinascita rimettendo in atto il caos primigenio. Parte di queste manifestazioni ritualistiche è sopravvissuta fino a oggi, mediata dalla morale cristiana, nelle tradizioni del Carnevale.

Sebbene la figura di san Valentino sia nota anche per il messaggio d'amore portato da questo santo, l'associazione specifica con l'amore romantico e gli innamorati è quasi certamente posteriore, e la questione della sua origine è controversa.

È conosciuta, in ogni caso, la leggenda, secondo cui il santo avrebbe donato a una fanciulla povera una somma di denaro, necessaria come dote per il suo sposalizio, che, senza di questa, non si sarebbe potuto celebrare, esponendo la ragazza, priva di mezzi e di altro sostegno, al rischio della perdizione. Il generoso dono - frutto di amore e finalizzato all'amore - avrebbe dunque creato la tradizione di considerare il santo vescovo Valentino come il protettore degli innamorati.

La più antica "valentina" di cui sia rimasta traccia risale al XV secolo e fu scritta da Carlo d'Orléans, all'epoca detenuto nella Torre di Londra. Carlo si rivolge a sua moglie (la seconda, Bonne di Armagnac) con le parole: Je suis desja d'amour tanné, ma tres doulce Valentinée… (Sono già malato d'amore, mia dolcissima Valentina). Successivamente, nell'Amleto di Shakespeare (1601), durante la scena della pazzia di Ofelia (scena V dell'atto IV), la fanciulla canta vaneggiando: "Domani è san Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina".

Inoltre, alla metà di febbraio si riscontrano i primi segni di risveglio della natura; nel Medioevo, soprattutto in Francia e Inghilterra, si riteneva che in quella data cominciasse l'accoppiamento degli uccelli, quindi l'evento si prestava a essere considerato la festa degli innamorati.

Soprattutto nei paesi di cultura anglosassone, e per imitazione anche altrove, il tratto più caratteristico della festa di san Valentino è lo scambio di valentine, bigliettini d'amore spesso sagomati nella forma di cuori stilizzati o secondo altri temi tipici della rappresentazione popolare dell'amore romantico. A partire dal XIX secolo questa tradizione ha alimentato la produzione industriale e la commercializzazione su vasta scala di biglietti d'auguri dedicati a questa ricorrenza. La Greeting Card Association ha stimato che ogni anno vengono spediti il 14 febbraio circa un miliardo di biglietti d'auguri, numero che colloca questa ricorrenza al secondo posto, come numero di biglietti acquistati e spediti, rispetto al Natale. Fu proprio la produzione su vasta scala di biglietti d'auguri a dare impulso alla commercializzazione della ricorrenza e, al contempo, alla sua penetrazione nella cultura popolare, fino a diventare secondaria rispetto allo scambio di regali, come scatole di cioccolatini, mazzi di fiori o gioielli.

Giorni fa ho raccontato a Vittoria della festa di San Valentino e dell'usanza di scambiarsi biglietti d'amore e regali. Lei mi ha ascoltato attentamente, ci ha pensato un po' su e poi ha concluso: “Voi mi amate, quindi mi farete un regalo.”

Mio marito ed io non ci siamo mai scambiati doni a San Valentino, ma abbiamo sempre cercato di trascorre la giornata insieme. In fondo donare il proprio tempo è uno dei regali più grandi. Voi la festeggiate? Nel caso foste alla ricerca di ispirazione, vi lascio un paio di link di vecchi miei post:

Regali fai da te e non

Una poesia

Un libro

Buona festa degli innamorati!

 

lunedì 19 aprile 2021

Senza di te questo mondo non sarebbe lo stesso

Mi trovo in questo strano periodo in cui non riesco a tenere fede al mio back to basic (vedi QUI) perché non ho letto chissà che grandi libri di cui mi premi raccontarvi; nessuno così pessimo o abbandonato da poter finire nella rubrica “I libri che non vi ho detto” - ce n'era uno ma una volta ripreso in mano ho deciso di dargli una seconda possibilità – e quello appena terminato deve attendere che finisca di vedere una serie perché mi piacerebbe fare un confronto. I Social Media Guru potrebbero prendermi ad esempio per dimostrare che cosa succede quando dietro non c'è una pianificazione e un calendario editoriale. Fatelo, ma poi vi mando la fattura.

La bella notizia è che, se una volta questo mi avrebbe mandato nello sconforto più totale e avrebbe dato inizio a una serie di lamentele, rimproveri e improperi verso la sottoscritta, sto riuscendo ad essere più indulgente con me stessa. Non è vero che non sto facendo nulla, sto facendo altro. Come dicono i saggi, non si può fare tutto e, di volta in volta, le priorità cambiano. Certo, forse un po' di pianificazione in anticipo avrebbe aiutato, ma è andata così, lamentarmi non cambierebbe le cose. Agire invece sì.

Sapete che cosa ho fatto questa mattina? Ho puntato la sveglia. Dopo anni in cui a svegliarmi era la sveglia di mio marito, ho voluto metterne una anche io. Un gesto simbolico, visto che ci alziamo più o meno alla stessa ora, ma che mi ha fatta sentire più attiva e propositiva, meno passiva. Una piccola spinta per prendere in mano la mia giornata e cercare di trascorrerla in modo pro-attivo. Funzionerà? Lo spero, vi terrò aggiornati.

Ho in mente altri piccoli gesti e nuove piccole abitudini per migliorare le mie giornate, la pianificazione e il mio benessere fisico mentale; l'altro giorno su Instagram ho fatto un sondaggio in cui chiedevo quale argomento sarebbe piaciuto affrontassi nella mia newsletter, una volta terminata la lettura di “Donne che corrono coi lupi”, e sono contenta abbia vinto “Minimalismo e auto aiuto” perché è un tema che mi sta molto a cuore e sarà bello condividerlo con voi.

Voi come state? Raccontatelo nei commenti, se avete piacere, io sarò felice di leggervi.

È proibito non cercare la tua felicità, non vivere la tua vita pensando positivo, non pensare che possiamo solo migliorare, non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

Alfredo Cuervo Barrero

martedì 23 marzo 2021

Ti chiederanno del nostro amore



Mentre siedo al computer, chiusa nello studio, mi arrivano le voci di mio marito e nostra figlia mentre ripassano le tabelline. Sorrido per la tenerezza di questo momento, allo stesso tempo mi rendo conto di quanto sia ordinario. Centinaia e centinaia di genitori prima di noi hanno compiuto i medesimi gesti e adesso è il nostro turno. Quando siamo diventati grandi? Era così che l'avevamo sognata la vita adulta? Ordinaria?

Giorgio voleva un gelato, Lorenzo insisteva per andare al parco giochi, Alice aveva bisogno di aiuto per allacciare le scarpe. Intrecciò i lacci della piccola con un gesto lungo e ordinato, lasciando a Francesco l'onere di calmare i gemelli; senza dirsi nulla decisero di tornare a casa, e in quel momento – quando i corpi si erano parlati senza bisogno delle loro voci – Giulia sentì che la familiarità aveva smesso di essere rassicurante, ed era diventata una noiosa abitudine.

Quand'è che mettiamo il pilota automatico? Quand'è che iniziamo a comportarci in un certo modo perché così hanno fatto i nostri genitori prima di noi, perché è così che si fa, è quello che ci si aspetta da noi, ora che siamo noi gli adulti. Quante rinunce siamo disposti a fare? Quanta vita sprechiamo prima di accorgerci che non stiamo vivendo ma solo sopravvivendo?

Nella vita abbiamo due strade possibili, Marco: quella della rassegnazione, e quella del desiderio. Non esiste una terza via. Vale per tutti, ma spesso ce ne accorgiamo solo quando andiamo a sbattere contro un muro.

Marco in quel muro è andato a sbattere; ha scoperto di avere un tumore ai polmoni e il tempo per lui è diventato quello che ti resta. Come succede sempre in queste situazioni, Marco incomincia ad interrogarlo questo tempo, a interrogare se stesso, a sentire improvvisamente un'urgenza.

Marco e Giulia si amano sin da quando erano dei giovani studenti universitari; il loro è un amore mai veramente vissuto perché i loro orologi non erano mai sincroni. Tra un Erasmus, un lavoro a New York, matrimoni, convivenze, figli e figliastri gli anni sono passati e adesso il tempo stringe.

È tutta la vita che aspettiamo il nostro tempo. E intanto lo perdiamo.”

Paola Demartini in “Ti chiederanno del nostro amore” edito da Autori Riuniti racconta questa storia d'amore, ma anche molto di più: la mia generazione, quella tra i quaranta e cinquant'anni, che si è ritrovata adulta senza coordinate, che da giovane pensava di non commettere gli stessi errori dei propri genitori e poi è finita per sistemarsi, assecondando forse i loro desideri e non i propri. Ma soprattutto ti parla del tempo, giocando e tenendo il lettore inchiodato con salti temporali, facendo scorrere sotto gli occhi del lettore le vite di Marco, Giulia e i loro amici. Ma quel tempo è anche il nostro ed è inevitabile alla fine domandarsi come la stiamo vivendo, questa “trama incerta”, se cogliamo il senso di ciò che ci sta accadendo e se siamo attori attivi o estranei.

Forse il segreto è tutto lì, in quello sguardo che è anche sulla copertina del libro e che aveva attirato la mia attenzione: perché se come Marco, non siamo sempre responsabili di quello che ci accade, siamo noi a decidere come lo vediamo e come reagiamo.

Crediamo di conoscere noi stessi, e poi arriva qualcosa che ci svela come siamo. Come siamo davvero, voglio dire. A volte scopriamo di essere migliori di quel che abbiamo sempre pensato, altre di essere un vero disastro. Ma finalmente possiamo guardarci dentro.

martedì 16 marzo 2021

Che cosa possiamo imparare da Harry e Meghan sul tema famiglia

Sembra esserci una notizia che occupa i giornali e che sembra stia scalzando addirittura il Covid, o almeno questa è l'impressione della sottoscritta che, dai tempi del matrimonio di William e Kate, si è appassionata alle vicende della famiglia reale inglese: l'intervista bomba rilasciata a Oprah Winfrey da Harry e Meghan. Al di là del gossip e delle vite pubbliche che conducono i coinvolti in questa scandalosa questione, quello che è accaduto può essere uno spunto per riflettere sulle dinamiche familiari, cioè un argomento che volenti o nolenti ci coinvolge tutti.

Famiglia d'origine famiglia dell'età adulta

Se Don Paolo leggesse questo mio post mi farebbe ripetere il corso prematrimoniale, perché durante tutti gli incontri aveva ripetuto fino alla nausea la differenza tra la famiglia d'origine, cioè quella in cui uno nasce, e quella della famiglia che ti crei in età adulta; che può avere diverse forme oltre alla classica moglie, marito, figli (ma questo Don Paolo non lo diceva, lo aggiungo io). Crescendo il significato che diamo alla parola famiglia dovremmo deciderlo noi e non dovrebbe essere un problema se questo significato si discosta da quello originale. Famiglia possono essere gli amici, gli amici a quattro zampe, alcuni colleghi di lavoro, i vicini di casa. Insomma, non per forza di cose ci deve essere coincidenza tra le la famiglia d'origine e quella dell'età adulta, e non per forza di cose questo significa che si vuole meno bene ai primi o che non si vuole più avere a che fare con loro.

In Italia, soprattutto, ho l'impressione che tagliare il cordone ombelicale sia molto più complicato, il senso di attaccamento alla famiglia sembra sempre molto forte. Questo non è per forza di cose un problema, ma potrebbe esserlo e sovente lo è.

Spiccare il volo

Harry ha spiccato il volo. Ha letteralmente preso un aereo e ha messo chilometri di distanza tra la sua famiglia e quella d'origine. Avrà avuto i suoi buoni motivi per farlo, tutti dovremmo avere la libertà di farlo, ma molto spesso non è semplice e serve enorme coraggio e molta forza di volontà, perché sovente viene vissuto come tradimento.

C'è una narrativa all'interno di una famiglia che fa si che i ruoli siano assegnati fin da quando si è bambini, ma spesso diventano poi rigidi e soffocanti, facendoci sentire bloccati nel passato. Le persone devono poter cambiare, se lo desiderano, anche se sovente questo cambiamento non viene riconosciuto o viene accettato con difficoltà. 
Il nostro cervello cerca sempre di proteggerci e qualsiasi cambiamento lo vive come una minaccia, ecco perché cambiare è così complicato. Se tu cambi, le persone che ti sono vicine, che stanno bene come sono e dove sono, potrebbero sentirsi minacciate dal tuo nuovo te stesso. L'errore che spesso si commette è di prendere sul personale questa resistenza al cambiamento degli altri. Ma le loro reazioni non hanno nulla a che fare con noi, se le persone reagiscono male al cambiamento di qualcun' altro, questo rivela solo che c'è qualcosa di non risolto in loro.

Dire basta

Harry e Meghan, con questa intervista, hanno voluto raccontare la loro versione della storia e soprattutto hanno voluto dichiarare apertamente che cosa per loro è accettabile e che cosa no.

La parte più difficile, quando si tratta della famiglia d'origine con cui, indubbiamente e per forza di cose si hanno rapporti molto stretti, è mettere dei confini; più sei vicino e intimo di una persona più è complicato mettere dei paletti. Sovente però tendiamo a dimenticarci che quest'ultimi sono per noi, definiscono che cosa permettiamo e che cosa non permettiamo all'interno della nostra vita e quando non li esplicitiamo con le persone che ci stanno affianco siamo noi che stiamo commettendo un grosso errore nei loro confronti. Se non rendiamo noti i nostri confini, le persone non sapranno della loro esistenza e continueranno a superarli. Capita, anche questo con una certa frequenza, che non mettiamo confini perché abbiamo timore di non piacere, abbiamo timore di quello che le persone potrebbero pensare di noi e delle nostre richieste, abbiamo paura di non venire accettati. Oppure li mettiamo in dubbio, quando invece dovremmo dubitare della persona che non vuole rispettarli. 
Qualunque sia il motivo, dovremmo smettere di preoccuparci e iniziare a farci rispettare.

Volere l'ultima parola

Quanto scritto qui di seguito non può applicarsi in tutti i campi e su tutti i temi, ci sono cose che sono obiettivamente oggettive e verità universali. Qui però stiamo parlando di questioni familiari e tutti quegli scontri o tensioni che possono venire a crearsi; parliamo di sentimenti, non se il nazismo è stato un obbrobrio oppure no.

La realtà è un'esperienza soggettiva, ma non ce lo ricordiamo mai. Quanto tempo perdiamo in litigi e discussioni perché siamo convinti di avere ragione, vogliamo portare avanti il nostro pensiero, cerchiamo di spiegare a chi ci è di fronte la nostra versione e insistiamo indefessi finché non ci viene riconosciuto di essere nel giusto. La verità è che la nostra versione dei fatti è sempre valida, anche se non è condivisa da un'altra persona. 
Il giorno in cui ho letto che il voler per forza di cose arrivare a un accordo è sempre una versione di people-pleasing, è stato per me un giorno di rivelazione. Insistere per spiegarci, per avere un confronto è solo il nostro bisogno che quella persona elimini il disagio che proviamo all'idea di non piacere a qualcuno. Ecco, forse dovremmo imparare che è impossibile piacere a tutti, potremmo non piacere anche alla nostra famiglia d'origine.

Quante volte quindi “per evitare discussioni” ci siamo costretti a dire o fare cose che non desideravamo fare? Quante volte non abbiamo fatto qualcosa perché non ci sentivamo in diritto? Dimenticandoci che siamo responsabili innanzitutto della nostra felicità, che non dobbiamo avere il permesso di nessuno per perseguirla e per vivere la vita che desideriamo, anche se ci sentiamo egoisti e in colpa, accettando l'eventualità di non venire compresi.

Every time you're given a choice between disappointing someone else and disappointing yourself, your duty is to disappoint that someone else. Your job, throughout your entire life, is to disappoint as many people as it takes to avoid disappointing yourself.

Glennon Doyle

Cosa penso di Harry e Meghan? Che abbiano fatto bene a rinunciare al loro ruolo di reali, se questo non li rendeva felici; che abbiano fatto bene a denunciare falsità e qualsiasi violazione abbiano commesso gli organi di stampa (a parte i pettegolezzi, persone di quel calibro dovrebbero saperli tenere nel giusto conto), ma francamente le persone che si mettono a parlare male e accusare in mondovisione non hanno la mia stima. Le accuse che hanno mosso sono molti gravi, ma avrebbero potuto affrontarle in altra sede e in altro modo; così facendo è facile pensare abbiano scelto visibilità ed è meschino cercarla screditando gli altri. Harry e Meghan sono un buon esempio di come ad insistere a voler dimostrare a tutti i costi di avere ragione non ti fa fare una bella figura e di come sia deleterio continuare a pensare e rimuginare sul passato.

lunedì 8 marzo 2021

16 libri per un nuovo sguardo

Non sono mai stata una femminista. Non mi sono mai preoccupata di esserlo. Nella mia miopia ho sempre pensato che sarebbe stato sufficiente “coltivare il mio orticello”. Solo recentemente ho realizzato di quanto il problema sia grave e pervasivo, come se all'improvviso si fosse sollevato il velo che copriva i miei occhi e ora, quotidianamente, noto l'elefante nel negozio di cristallo.

Questo cambiamento è merito, a dimostrazione che non tutti i mali vengono dai Social, di alcune persone che ho iniziato a seguire su Instagram, che compiono la lotta quotidiana di combattere stereotipi, disuguaglianze, maschilismo, razzismo e che mi ricordano come questi problemi siano parte della nostra cultura. Ne siamo tutti vittime e carnefici, anche solo semplicemente con il nostro silenzio.

La famosa scrittrice Michela Murgia, è uscito proprio in questi giorni il suo ultimo libro “Stai zitta”; Teresa Cinque e i suoi monologhi che strappano risate e riflessioni; Carolina Capria, nota come “L'ha scritto una femmina”; Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi fondatori di Tlon Edizioni; e Cathy La Torre, avvocato in prima linea. È loro il merito del mio nuovo sguardo, li ascolto sempre con molta attenzione e, ovviamente, mi appunto con dovizia tutti i libri che suggeriscono.

Ho pensato quindi, in questa giornata dedicata alle donne, di condividere con voi quei volumi a stampo più femminista; ce ne sono per tutti i gusti, anche genitori, bambini e ragazzi. Se vogliamo il cambiamento, dobbiamo iniziare da noi stessi.

 









 

lunedì 1 marzo 2021

I libri che non vi ho detto

 

Ho più volte affermato che dei libri che non mi sono piaciuti non parlo e non scrivo; non mi piaceva l'idea di portare una parte negativa, sebbene ben argomentata, nella mia stanza tutta per me, cioè questo blog, e soprattutto che non avrebbe portato nessun valore aggiuntivo. Insomma, a che pro parlare di qualcosa che è brutto?

Poi si cresce, si cambia, si matura e magari si ha voglia di fare un piccolo sforzo in più perché tutto, anche le cose brutte, ci lascino qualcosa, un piccolo insegnamento su di noi, i nostri gusti o modi di agire. Una cosa che non si dovrebbe mai smettere di fare è avere voglia di imparare.

Con i lettori della mia newsletter siamo alle prese con il libro “Donne che corrono con i lupi”, (stiamo affrontando i primi capitoli, quindi siete ancora in tempo nel caso vi voleste unire) e abbiamo da poco incontrato un personaggio che si chiama La Loba che ci chiede di fare una cosa molto importante: rimanere nel deserto e raccogliere le ossa. Il deserto è una metafora per rappresentare tutte quelle situazioni difficili e negative in cui capita di trovarsi e nelle quali, giustamente, nessuno desidera soffermarsi più del dovuto. Oltre a chiederci di non scappare a gambe levate, La Loba ci chiede di andare alla ricerca delle ossa, che in questo caso rappresentano la parte più nascosta di noi, la più importante, lo scheletro di cui siamo fatti e che noi abbiamo perso e lasciato morire. Perché la parte più preziosa di noi dobbiamo cercarla nel posto in cui stiamo male? Perché sono proprio le cose negative a pungerci sul vivo, sono proprio le cose che ci piacciono di meno o che ci fanno male a rivelarci che cosa è importante per noi. Lo stesso lavoro si può fare con i libri.

In passato se iniziavo a leggere un libro faticavo ad abbandonarlo, anche se mi stava annoiando a morte o non mi piaceva per niente, perché non mi piaceva lasciare una lettura incompleta. Crescendo ho cambiato idea e ho raggiunto l'opinione che la vita è troppo corta per sprecarla con brutti libri e ora abbandono senza alcuna pietà o rimorso. Da poco ho aggiunto un piccolo tassello a questo mio modo di agire e ho incominciato a chiedermi il perché. Perché questo libro mi annoia/irrita/agita/...? Perché questo personaggio non mi piace? Perché non provo empatia? Le domande possono essere delle più svariate a seconda dei sentimenti che ha evocato fin lì la lettura.

Può capitare, ad esempio, che un personaggio mi sia particolarmente antipatico perché riconosco in lui un mio difetto o modo di fare che ho difficoltà ad accettare. Vedermi riflessa in lui potrebbe aiutarmi a comprendermi meglio, a cercare di cambiare quella parte di me oppure finalmente accettarla. Oppure potrei riconoscere in un personaggio una persona a me vicina con cui ho problemi di relazione e anche in questo caso potrei avere delle rivelazioni, magari capire finalmente il perché non andiamo d'accordo.

In sostanza quello che suggerisco di fare è un cambio di prospettiva; invece di soffermarvi sul perché quel libro, o quella persona perché vale anche nelle relazioni, è scritto così male, si comportano in quel modo o dicono quelle cose, provate ad interrogarvi perché voi reagite così. Le nostre reazioni, il nostro modo di agire parlano sempre di noi e rivelano lo stato della relazione con noi stessi. Potreste fare delle scoperte interessanti, vi racconterò prossimamente le mie nella nuova veste della rubrica “I libri che non vi ho detto”.