martedì 29 marzo 2011

Salendo crei il mondo

Ultimamente quando vado in vacanza mi piace accompagnare il viaggio anche con un libro “a tema”, che mi aiuti a calarmi ancora di più nei luoghi, la gente, la cultura che sto per visitare. Dovendo partire per una breve soggiorno in montagna ho pensato che il libro “Racconti di montagna”, a cura di Davide Longo, potesse essere il giusto compagno di viaggio.
Non sono mai stata una grande amante dei racconti. Non mi piace proprio il loro essere brevi. Soprattutto se una storia mi ha catturato mi dispiace che finisca troppo presto, vorrei seguire i personaggi ancora un po', saperne un po' di più. Eppure, in questa raccolta, anche se ogni storia era a sé stante, io ho avvertito un filo che le univa, che non era solo e semplicemente il luogo.
Il libro l'ho finito da un po' di tempo e ho rimandato a scriverne fino ad ora perché non riuscivo a spiegare bene a me stessa cosa fosse questo “legame”, questo passo, questo ritmo che avvertivo in ognuno di loro. Poi ho riletto bene l'introduzione e ho scoperto che potevo smetterla di sforzarmi, che la spiegazione era lì e me la dava Davide Longo, colui che aveva messo insieme questi racconti. «La montagna per un uomo è un tempo diverso...un racconto è un racconto di montagna quando narra l'incontro di un uomo con il tempo della montagna...Le storie che cercavo... dovevano essere toccate dalla montagna più che abitarla. I loro protagonisti dovevano vivere l'esperienza della rarefazione dell'aria, dei suoni, degli incontri, ma soprattutto del tempo. Perché la montagna ci costringe in primo luogo a prendere atto di questa feroce verità: il tempo esiste, è il centro della nostra vita, ma non è fatto a nostra immagine e somiglianza».
Non c'è un racconto in particolare tra tutti quelli contenuti in questo libro che mi sia piaciuto di più; forse continuo a non amarli i racconti, eppure questo libro è stato il perfetto compagno di viaggio. Perché in montagna avevamo lo stesso passo.

salire a piedi, con un pesantissimo sacco sulle spalle,... che lunga, lenta, sudata conquista! Quelle ore di fatica ci allontanavano gradualmente dal mondo normale della pianura e della città... Ti sentivi lentamente accolto in un mondo dalle dimensioni inconsuete ed affascinanti. Le ore? Non contavano più nulla. Questi erano posti da secoli! L'orizzonte si allontanava piano piano. In un certo senso, salendo « creavi il mondo».

Fosco Maraini


domenica 27 marzo 2011

Non sono un soldato semplice

Alla scuola materna stavamo incominciando a preparare la recita di Natale. Quel giorno avevano assegnato le parti e io ero tornata a casa molto scontenta. Dovevo fare il soldato, anzi un soldato, un soldato semplice qualunque. Ero arrabbiata e mi lamentavo con mia madre, perché io volevo fare il generale, io volevo essere quella che dava gli ordini e non che li eseguiva. Tutta presa dalle mie rimostranze ad un certo punto dissi a mia madre che doveva fare qualcosa, che avrebbe dovuto parlare con la maestra e chiedere che mi facesse fare il generale. Mia madre mi rispose che non poteva fare nulla, che dovevo rispettare la decisione della maestra e che, se desideravo così tanto fare un altro personaggio, ero io quella che doveva parlare con la maestra. Ero io che dovevo chiedere di poter essere il generale.
La foto della recita di Natale mi ritrae insieme ad alcuni dei miei compagni di scuola, in fila uno affianco all'altro. Sulla parete in fondo sono appesi dei disegni e per terra ci sono dei giocattoli. Indossiamo tutti quanti una specie di tunica azzurra, corta e dritta con dei finti bottoni gialli di stoffa. In testa un cappello di carta, come quelli che una volta si facevano gli imbianchini con le pagine dei giornali; la divisa da militare per la recita. Le mie gambe, che spuntano come due stecchini dalla tunica, sono avvolte nei collant rosa e ai piedi ho un paio di paperine di vernice, rosse. Non me le ricordo, ma secondo me erano le mie preferite. Siamo tutti molto seri, forse concentrati per l'imminente recita. Io, solo io, ho una finta medaglia di stoffa appuntata sul petto.
Io non ero un soldato semplice, io ero il generale.


giovedì 24 marzo 2011

Scribbled Secret Notebooks




Scribbled secret notebooks, and wilde typewritten pages, for your own joy.
Submissive to everything, open, listening.
Write in recollection and amazement for yourself.

Jack Kerouac

domenica 20 marzo 2011

Dormire sonni tranquilli

Io ho paura del buio. Crescendo la situazione è migliorata ma, quando ero piccola, questa mia paura è stata causa di notti insonni, difficoltà ad addormentarmi, risvegli bruschi col cuore in gola nel mezzo della notte. Era come se al calar delle tenebre prendesse vita un mondo parallelo, popolato da esseri malvagi pronti a farmi del male. E io li sentivo, avvertivo la loro presenza; di notte, dicevo: «Ci sono i rumori».
Inutilmente cercavo di nascondermi completamente sotto le coperte, il più possibile immobile, cercando di trattenere il respiro, sperando di diventare invisibile. Inutilmente, perché la paura cresceva sempre di più, una morsa fredda in fondo alla schiena, il battito del cuore sempre più forte, l’immobilità, alla quale mi costringevo, sempre più dolorosa. Avevo bisogno di tutto il coraggio in mio possesso per tirare fuori il braccio da sotto le coperte, dove mi ero nascosta, e accendere la luce sul comodino. Poi mi mettevo di colpo a sedere e perlustravo febbrilmente con lo sguardo la mia stanza, alla ricerca di non so quale segno, di qualche presenza, con ancora più paura di trovarla. Sarebbe stato ancora più difficile dormire con la luce accesa. Non solo mia madre non l’avrebbe permesso, ma avrei avuto ancora più paura, perché sarebbe stato impossibile nascondermi.
C’era solo una cosa in grado di calmarmi, che mi aiutava a fare pace con il mondo della notte: leggere. Quando mi rendevo conto che dormire era un’impresa difficile, trovato il coraggio di accendere la luce, prendevo il libro e mi immergevo in un terzo mondo, quella della lettura, e la paura svaniva. Alle volte però anche questo espediente non funzionava, ma io sapevo allora che era tutta colpa del libro, era lui in quel caso ad essere sbagliato. E così mi rivolgevo a lui, l’unico che è sempre stato in grado di infondermi pace: il libro “Cuore”.
Perdermi tra le pagine di questo libro era come perdersi per le strade di una città, in mezzo a un popolo che le abita e tra cui è impossibile avere paura. In questo libro c’è un paese, l’Italia, che permette a una bambina di dormire sonni tranquilli. E sono le storie di questo Paese e di questo popolo, di questi fratelli di Italia, che mi sono venute in mente in occasione del 150° anniversario dell’Unità.
…studiale, le strade; studia la città dove vivi; se domani tu ne fossi sbalestrato lontano, saresti lieto di averla presente bene alla memoria, di poterla ripercorrere tutta col pensiero, - la tua città, - la tua piccola patria, - quella che è stata per tanti anni il tuo mondo, - dove hai fatto i primi passi al fianco di tua madre, provato le prime commozioni, aperto la mente alle prime idee, trovato i primi amici. Essa è stata una madre per te: t’ha istruito, dilettato, protetto. Studiala nelle sue strade e nella sua gente, - ed amala,…

domenica 13 marzo 2011

L'Italia dei Libri


Il 17 marzo si avvicina, fervono i preparativi, fioriscono i tricolori.
In occasione dei 150 anni dell'Unità dell'Italia Il Salone Internazionale del Libro di Torino ha organizzato “L'Italia dei Libri”, una mostra per celebrare questo grande evento. «L’Italia dei Libri è la prima, articolata iniziativa con cui il nostro Paese legge un secolo e mezzo della propria storia, cultura, costume e creatività attraverso la specola del libro: i testi-simbolo, gli autori, gli editori e i fenomeni che più hanno contribuito a formare – anche in modo critico e problematico – la nostra cultura e memoria condivisa, e attraverso cui sono passati i cardini formativi della pedagogia nazionale... Il percorso espositivo de L’Italia dei Libri è articolato in cinque filoni: i 150 Grandi Libri, i 15 Superlibri, i 15 Personaggi, gli Editori, i Fenomeni Editoriali».
I 150, «I Grandi Libri che - anno dopo anno - dal 1861 al 2011 hanno scandito la storia d’Italia e hanno contribuito a plasmare il nostro costume, il gusto, il nostro pensiero. I libri che ci hanno resi un po’ più italiani. Non solo narrativa, quindi: ma anche fiabe e poesia, storia e divulgazione scientifica, storia dell’arte e teologia, sperimentazione e umorismo, antropologia criminale e manuali».
Ammetto che i miei studi anglo-americani mi hanno portato a trascurare la letteratura italiana. Alcuni libri e autori di questo elenco non li ho mai sentiti nominare, vergogna mia... Devo arrivare al 1881 per trovare un libro che ho letto: “I Malavoglia” di Giovanni Verga.
Va un po' meglio con l'elenco de I 15, i SuperLibri che «...hanno rappresentato un punto fermo, una svolta, un cambio di passo. Libri che hanno impresso un modo diverso di vedere le cose e hanno trasformato la rappresentazione del nostro Paese agli occhi di se stesso e del mondo». Li ho letti quasi tutti, ma conosco trama e autori anche dei pochi che non ho ancora aperto.
Non ho una conoscenza approfondita della storia dell'editoria italiana che mi permetta di giudicare la scelta delle 16 case editrici che «... hanno insegnato a leggere all'Italia». So solo che gli esclusi non l'hanno presa molto bene e che ci sono state alcune polemiche. L'elenco procede poi con i fenomeni editoriali e i 15 personaggi.
E' stata una scelta coraggiosa quella degli organizzatori del Salone Internazionale del Libro, perché è quasi impossibile trovare tutti d'accordo e così facendo hanno scoperto il fianco a critiche e malumori. Non so il metro di giudizio che è stato utilizzato, ma la scelta di alcuni libri e autori ha lasciato perplessa anche me. Ho notato poi un grande assente: Alessandro Manzoni e il suo “I promessi sposi”. Che cosa avrà decretato la sua esclusione?
E voi? Cosa ne pensate di queste “classifiche”? Ne avete stilata una vostra? Avete eletto il libro che secondo voi rappresenta l'Italia? Io sì. Vi svelerò la mia scelta in un prossimo post.

venerdì 11 marzo 2011

Non so se sarò mai


Ciò che non sono.
Ciò che non ho.
Ciò che non voglio.
Ciò che non vorrei.
Ciò che sono.
Ciò che sarò.
Ho passato l'adolescenza a lamentarmi per tutto ciò che non ero, e ancora adesso mi capita spesso di fare lunghi elenchi di tutte le cose che non ho e che vorrei avere. Se avessi più tempo, se fossi più determinata, se fossi un'altra...
Adesso che ho la possibilità di mettere per scritto tutto questo, mi viene in mente una sola e unica cosa.
Mai come in questo ultimo anno ho avuto così chiaro in mente proprio ciò che non sono, ciò che vorrei di più al mondo e ciò che non ho. Vorrei tanto poter dire che lo sarò, ma questa volta, questa unica volta, non dipende da me. Non posso fare nulla.
Sono tante cose e persone, ma non so se sarò mai.



mercoledì 9 marzo 2011

Un pomeriggio tra amiche

Alla conclusione del corso di scrittura creativa, in occasione della consegna degli attestati, la biblioteca ci ha fatto un ulteriore e inaspettato regalo: l'incontro con una scrittrice.
Sabrina Rondinelli ha pubblicato due libri ed è quella che si definisce una scrittrice di narrativa per ragazzi. Mi sono presentata all'incontro senza sapere chi fosse ma curiosa e contenta, come sempre, di trascorrere del tempo in compagnia di uno scrittore. Forse il non poter avere delle aspettative ha fatto si che la sorpresa fosse doppia, perché oltre a una scrittrice ho incontrato una ragazza, proprio come me.
Ogni tanto si ha bisogno di questi incontri, che fanno scendere gli scrittori dai piedistalli dove noi li mettiamo, e li riportano tra noi, nella vita di tutti i giorni.
Così Sabrina Rondinelli non è solo la scrittrice che ha pubblicato “camminare correre volare”, vincitore di diversi premi, e “La nostra prima volta”; ma è anche, e soprattutto, un'insegnante che ama molto il suo lavoro e che ha a cuore i suoi studenti. E' una giovane donna che abita nella mia stessa città, che come me ama leggere e scrivere. E il pomeriggio trascorso in sua compagnia è stato come un pomeriggio tra amiche, che si raccontano come trascorrono le giornate (in questo caso scandite dalla scrittura) e che si consigliano e scambiano i libri.
Qui di seguito alcuni dei libri consigliati da lei, più alcuni consigliati da me.

H.Mittelmark, S. Newman e R.Giaccari “Come non scrivere un romanzo” ed. Corbaccio
S. Brugnolo e G. Mozzi “Ricettario di scrittura creativa” ed. Zanichelli
Gianni Rodai “Grammatica della fantasia” ed. Einaudi Ragazzi
Beppe Severgnini “ L'italiano, lezioni semiserie” ed. BUR
Vincenzo Cerami “Consigli a un giovane scrittore” ed. Mondadori
Mariano Sabatini “Trucchi d'autore” e “Altri trucchi d'autore” ed. Nutrimenti
Francesco Piccolo “Scrivere è un tic” ed. minimum fax
Raymond Carver “Niente trucchi da quattro soldi” ed. minimum fax


domenica 6 marzo 2011

Qualcosa di irraggiungibile

Quella dello scrittore è, nella migliore delle ipotesi, una vita solitaria... Perché è un lavoro che deve fare da solo, e se è uno scrittore sufficientemente buono, deve misurarsi ogni giorno con l'eternità o con la mancanza di essa.
Per un vero scrittore, ogni libro dovrebbe essere un nuovo inizio in cui osare ancora una volta qualcosa di irraggiungibile.

Ernest Hemingway

mercoledì 2 marzo 2011

Hoping for more

Sono convinta di aver apprezzato maggiormente la rilettura di questo libro perché è venuta subito dopo quella di “Mrs Dalloway”. Avere ancora in mente il romanzo di Virginia Woolf mi ha fatto notare ed apprezzare molti particolari che mi erano sfuggiti durante la prima lettura di “The Hours”. Sono contenta di aver seguito questo ordine perché mi ha permesso di gustare fino all'ultima sillaba questo libro. Libro che, senza il romanzo della Woolf, non sarebbe mai potuto essere scritto; e non è un particolare da poco. Non sto dicendo che non sarebbe una piacevole lettura preso singolarmente, ma vi perdereste sicuramente qualcosa, anzi molto. Perché è un libro sulla vita: un giorno nella vita di tre donne, la vita in un giorno.

We live our lives, do whatever we do, and then we sleep – it's as simple and ordinary as that. A few jump out of windows or drown themselves or take pills; more die by accident; and most of us, the vast majority, are slowly devoured by some disease or, if we're very fortunate, by time itself. There's just this for consolation: an hour here or there when our lives seem, against all odds and expectations, to burst open and give us everything we've ever imagined, though everyone but children (and perhaps even they) knows these hours will inevitably be followed by others, far darker and more difficult. Still, we cherish the city, the morning; we hope, more than anything, for more.