martedì 31 maggio 2011

Bravò!

C'è un momento particolare che mi piace molto quando assisto ad uno spettacolo in un paese anglo-americano: quando al momento dei saluti finali, in mezzo al frastuono degli applausi, qualcuno grida “Bravò”. Mi piace molto il suono, la pronuncia scorretta, e il fatto che almeno in una circostanza qualcuno pensi che sia meglio una parola italiana di quella inglese, perché di solito è sempre il contrario.


 
Esiste un paese dove i sogni diventano realtà, un luogo dove:

Una delle cose straordinarie riguardo agli eventi umani è che l'impensabile diventa pensabile.
Salman Rushdie
Qui trovate tutte le informazioni, soprattutto per non perdervi le prossime edizioni.
Io aggiungo solo: “Bravò!”



venerdì 27 maggio 2011

Il mollusco e la conchiglia

Che cosa è casa? Solo un luogo dove troviamo riparo? O il posto dove custodiamo la nostra vera natura? Che cosa la rende la nostra casa? Come è costruita, arredata, vissuta? O sono le persone che la abitano che la rendono casa? Che cosa ci fa amare un luogo più di un altro? Victor Hugo ha scritto: “Dalla conchiglia si riconosce il mollusco, dalla casa l'inquilino”. Siamo come dei molluschi in cerca della propria conchiglia? Siamo noi a fare nostra una casa o piuttosto è la casa che ci fa suoi, perché sentiamo di appartenervi? Quando diciamo che la casa ha una storia, questa storia è sua o l'hanno fatta le persone che lì vi hanno abitato? Ma casa è quello che ci circonda o piuttosto ciò che custodiamo dentro di noi? Quanto influisce una casa nei rapporti che abbiamo con le persone con cui la condividiamo? Le mura che ci circondano sono solo spettatrici delle nostre vite, o sono compagne del viaggio? E come e quando capiamo che è giunto il momento di trovarne di nuove? O è la casa che ad un certo punto decide di non proseguire più il viaggio con noi?

Sto leggendo “Casa Howard” di E.M. Forster...


domenica 22 maggio 2011

Le parole addosso



La passione per le parole può anche essere indossata...

E le pagine di un dizionario non sono mai state così cool.


giovedì 19 maggio 2011

Scrivere ed Essere

Nel principio era la Parola.
La Parola era presso Dio, significava la Parola di Dio, la Parola che era creazione. Ma, nel corso di secoli di cultura umana, la parola ha acquisito altri significati, tanto secolari che religiosi. Avere la parola è divenuto sinonimo di autorità suprema, di prestigio, di potere di persuasione enorme e talvolta pericoloso, di facoltà di apparire, di dono dell'eloquenza o delle lingue.
La parola vola attraverso lo spazio, rimbalzata dai satelliti, più vicina di quanto lo sia mai stata a quel cielo dal quale si credeva provenisse. Ma la sua trasformazione più significativa, per me e per quelli come me, è accaduta molto tempo fa, quando venne incisa per la prima volta su una tavoletta di pietra o tracciata su un papiro, quando si materializzò passando da suono a rappresentazione, dall'essere udita all'essere letta come una serie di segni e poi come uno scritto; e viaggiò attraverso il tempo dalla pergamena a Gutenberg. Perché è questa la genesi dello scrittore, o della scrittrice: è la storia che lo ha scritto, facendolo essere.
Noi scrittori passiamo la vita a cercare di interpretare attraverso la parola le tracce che cogliamo nella società, nel mondo di cui siamo parte. E' in questo senso, nel senso di questa inestricabile, ineffabile partecipazione, che scrivere è sempre e contemporaneamente un'esplorazione di sé e del mondo; dell'essere individuale e dell'essere collettivo.
Essere qui.


martedì 17 maggio 2011

Il Salone dei Sogni

Nel mondo dei miei sogni sarei andata al Salone del Libro di Torino tutti e cinque i giorni. Avrei partecipato a tutte le conferenze, perché nel programma del Salone dei miei sogni non ci sarebbero mai due incontri contemporaneamente, non almeno tra quelli di mio interesse, tornerei a casa con tutti i libri che mi piacerebbe comprare e, soprattutto, avrei il tempo a sufficienza per “prendere confidenza”. Questo nel Salone dei Sogni.
Nella realtà, lavorando, la scelta del giorno in cui recarmi cade per forza nel fine settimana, la selezione delle conferenze a cui partecipare è una rinuncia a tutte le altre, ovviamente non torno a casa con tutti i libri che avrei voluto comprare, ma con una lista dei desiderata sempre più lunga, questo sì, e soprattutto mi aggiro per il Lingotto con l'impressione che da un momento all'altro qualcuno potrebbe aggredirmi urlando: Che cosa stai facendo tu qui?! Niente, lo giuro!
Quest'anno poi ho dovuto fare i conti anche con un piccolo problema agli occhi: non congiuntivite, neanche cheratite, ma una chero-congiuntivite. Perché two is mej che uan... Così sono rimasta al Salone fino a quando mi hanno retto gli occhi, e non le gambe come gli altri anni. Eh sì, se avete incrociato una donna che teneva sempre lo sguardo basso (la luce è per i miei occhi come il sale su una ferita) e quando lo alzava sembrava ammiccasse, sì quella ero io. Questo non mi ha impedito di farmi, come ogni anno, la mia bella overdose di libri e di scandagliare i banchi delle case editrici medio-piccole che neanche i RIS.
La cosa che, in quanto libro-dipendente, mi è piaciuta di più? Le prime pagine di questi libri:



Perché per una tossica di libri come me è come essersi portata a casa tante piccole dosi!


domenica 15 maggio 2011

Citofonare interno 7

Suoni il citofono, rispondi “Io”, ti metti comodo come se fossi a casa tua, bevi e mangi. Il fatto che a bere e a mangiare insieme a te ci siano degli scrittori e un musicista e che questi ti intrattengano leggendo e suonando improvvisamente ti sembra la cosa più normale del mondo.



Come un amico che prende in mano il libro che sta leggendo e ti dice: senti questo brano. Solo che in questo caso quel libro l'ha anche scritto.
Così può capitare di scoprire che non tutti gli scrittori sono a loro agio a leggere ad alta voce.


Qualcuno è un po' insicuro e si sente in dovere di interrompere la lettura per “spiegare meglio”.


Un altro legge un brano di un libro che non ha ancora finito di scrivere e a cui qualcuno gli ha rubato il titolo, e così adesso bisognerà cercarne un altro.


E' capita anche che qualcuno confessi che “Scusate, ma sono un po' stufo di sentire parlare del mio libro e di parlarne a mia volta. Sono giorni che non faccio altro...”






Ubriacatevi senza smettere, di vino, virtù o poesia come preferite.
Oscar Wilde

martedì 10 maggio 2011

La mia mano sinistra

Scrivere... più facile a dirsi che a farsi. Non so voi ma quando mi metto davanti a una pagina bianca improvvisamente nella mia mente si crea il vuoto. Scrivere, sì, ma di cosa? Come si “inventa” una storia? Da dove nasce? E, soprattutto, come mettere a tacere il giudice implacabile di tutto quello che mettiamo per scritto, ovvero noi stessi?
Al corso di scrittura ho imparato un metodo molto efficace e divertente per superare “l'incubo della pagina bianca”: scrivere elenchi.
Si sceglie un tema e si scrive di getto tutto quello che viene in mente, sotto la forma di una lista della spesa. Poi, tra quello che si è scritto, si sceglie una sola cosa da approfondire e si scrive nuovamente di getto, possibilmente dandosi un limite temporale, senza interrompersi e senza curare calligrafia, punteggiatura e ortografia.
Ma, anche limitarsi agli elenchi può essere molto divertente!




venerdì 6 maggio 2011

La ricerca del significato

Ho impiegato un po' di tempo a capire che cosa non mi sia piaciuto della raccolta di saggi “Cambiare idea” di Zadie Smith e questa è l'unica spiegazione che sono riuscita a darmi: è stato un libro difficile, non sempre chiaro. Credo che uno scrittore, anzi chiunque si accinga a scrivere un saggio, dovrebbe cercare di rendere comprensibile l'argomento che affronta anche e soprattutto a chi non ne sa nulla al riguardo.
Uno dei consigli migliori che mi ha dato mia madre quando ero una studentessa è stato: «Parla e scrivi come se dovessi farti comprendere da tutti, non solo dal professore a cui ti rivolgi. Quindi semplicità, chiarezza e non dare mai nulla per scontato». Non mi vergogno di scrivere che spesso ho faticato a seguire i ragionamenti di Zadie Smith. Ho trovato il sentiero delle sue riflessioni non ben tracciato, mi è capitato spesso di perdermi e di dover tornare indietro sui miei passi, con la conseguenza di essermi sentita frustrata e di essermi annoiata.
Ciò non significa che sia un libro che non vada letto, anzi rappresenta la lettura per antonomasia secondo Zadie Smith, l'unica che valga la pena di essere compiuta, quella che è:

una continua ricerca del significato.


lunedì 2 maggio 2011

Non mi viene

E' un po' di giorni che mi gira in testa, come una poesia imparata a memoria, come la melodia di una canzone. Ma non posso averla ascoltata, perché il mio stereo continua ad essere rotto. E' uno stato d'animo che conosco molto bene e non avrei saputo trovare parole migliori per descriverlo.


If I make a lot of tinsel then people will want to
If I am hardened no fear of further abandonment
If I am famous then maybe I'll fell good in this skin
If I am cultured my words will somehow garner respect
I would throw a party still it woul not come
I would bike run swim and still it woul not come
I'd go travelling and still it woul not come
I would starve myself and still it would not come
If I'm masculine I will be taken more seriously
If I take a break it would make me irresponsible
If I'm elusive I will surely sought after often
If I need assistance then I must be incapable
I'd be filthy rich and still it would not come
I would seduce them and still it would not come
I would drink vodka and still it would not come
I'd have an orgasm still it would not come
If i accumulate knowledge I'll be inpenetrable
If I'm aloof no one will know when they strike a nerve
If I keep my mouth shut the boat will not have to be rocked
If I'm vulnerable I will be trampled upon
I would go shopping and still it would not come
I'd leave the country and still it would not come
I would scream and rebel still It would not come
I would stuff my face and still it would not come
I'd be productive and still it woul not come
I'd be celebrated still it would not come
I'd be the hero and still it would not come
I'd renunciate and still it woul not come

Alanis Morissette