venerdì 30 maggio 2014

La sartoria delle parole


Sono innamorata di Instagram. Gli inglese direbbero che sono addicted; infatti devo auto limitarmi e non è per niente facile.
Per chi non lo sapesse è un' App per cellulare che ti permette di condividere le tue foto con il mondo intero, se vuoi, o in forma privata, quindi solo con chi desideri tu, se lo preferisci. Per me è un modo per continuare a praticare la fotografia, cosa che riesco a fare sempre di meno con la tradizionale macchina fotografica. Ma soprattutto è un mezzo semplice e immediato per ammirare gli scatti di bravissimi fotografi, vedere luoghi che non potrei mai avere la fortuna di visitare, curiosare in momenti di vita altrui e scoprire tante persone molto più creative di me, fonte di grande ispirazione.
L'autrice della fotografia che apre il post è una maga del cucito, le sue gonne sono il sogno della principessa che abita dentro di noi e le foto che fa della tavola della colazione fanno venire l'acquolina in bocca.
Prendo in prestito il suo bigliettino per scriverne uno virtuale a voi, invitandovi ad andare a scoprire come realizzarlo nel blog omonimo di “La sartoria dei confetti”, e augurandovi un creativo fine settimana.


mercoledì 28 maggio 2014

Poi

Prima di scrivere ogni post, riprendo in mano il libro di cui vi voglio parlare: lo sfoglio, rileggo le parti sottolineate, eventuali note a margine. I giorni precedenti penso a cosa scrivere, in continuazione: sotto la doccia, mentre mi lavo i danti, alle volte anche quando sono con VV e lei se ne accorge, che la mia mente è altrove, perché la sorprendo ad osservarmi, in silenzio. Non è sempre facile per me trovare qualcosa da dire; ci sono libri che ti parlano subito, altri per niente, alcuni richiedono tempo.
Di altri continua a sfuggirmi qualcosa e mi tormento. Se i miei pensieri avessero l'audio, per “Lettera di dimissioni” di Valeria Parrella suonerebbero così:

  • Ma quindi non ti è piaciuto?
  • Ma no, non è che non mi è piaciuto, però non capisco.
  • Che cosa non capisci?
  • E appunto, non lo so. Però se un libro ti sembra di non capirlo non è un buon segno, no?
  • Quindi è un libro che non funziona?
  • E' che non sono riuscita a entrarci. Mi sentivo sulla soglia. Però...
  • Però?
  • A modo suo è poetico. Mi piaceva quando raccontava dei nonni e poi dei genitori.
  • ...
  • Ma poi la protagonista, Clelia, la voce narrante, si è persa...
  • Forse era voluto. In effetti, pensandoci... Sai, forse sono partita col piede sbagliato, mi ha fuorviato il titolo. Cioè, uno non da solo le dimissioni da un lavoro. Le può anche dare da se stesso. E abbandonarsi...
...ci voltavamo all'improvviso a guardarli, senza musica e senza abiti di scena, senza cerone... E restavamo delusi assai, che io mi chiedevo... ma io mi chiedevo quel tempo dove andasse a finire, e come ci si potesse accontentare, poi.


mercoledì 21 maggio 2014

Un'interpretazione

Ho impiegato molto tempo a leggere questo libro. Come ho già scritto più volte, non sono una grande appassionata di saggi, avverto quasi un bisogno fisico di leggere romanzi, forse non amo essere troppo ancorata a terra, ho bisogno di compiere il mio volo, almeno una volta al giorno.
Così, quando ho concluso la lettura di “Un genitore quasi perfetto” di Bruno Bettelheim, ho pensato di avere nel frattempo scordato tutto quanto letto all'inizio, dispiacendomene perché mi aveva molto appassionata; mi sono detta che sarebbe stato perfetto un bignami o una versione for dummies. Mi è bastato scorrere le sottolineature e le note a margine per scoprire che non è così, fortunatamente; anche se mi auguro di riuscire a rileggerlo in futuro, anzi mi impegno a farlo.
Non ci provo neanche a riassumere 450 pagine fitte scritte con un carattere minuscolo, non saprei proprio da che parte iniziare. Mi limiterò a scrivervi che cosa mi è piaciuto sperando di invogliarvi a leggerlo:

  • è pieno zeppo di citazioni letterarie; ce n'è una all'apertura di ogni capitolo e molte altre sono contenute all'interno del testo. Uno psicologo che è anche un forte lettore (la cosa non è così scontata) mi infonde una fiducia immediata;
  • buona parte del libro è dedicata a sottolineare quanto è importante il gioco per un bambino e il ruolo decisivo che svolge per il suo corretto sviluppo. Un' ulteriore conferma di come giocare sia una cosa seria. E adesso chi la interrompe più VV?!;
  • sempre per gli scettici e duri cinici, gli ultimi capitoli sono dedicati niente di meno che a Babbo Natale!

E se arrivati fin qui non vi ho ancora convinti, lascio la parola a lui, l'autore:

Vorrei cercare di chiarire quella che spero possa essere la funzione di questo libro per i miei lettori citando quanto ebbe a scrivere T.S. Eliot nel suo libro “Sulla poesia e sui poeti”: «Probabilmente, ci sono molte cose da conoscere su questa o quella poesia, molti fatti sui quali i dotti possono istruirmi; ma penso che un'interpretazione valida della poesia debba essere nel contempo un'interpretazione dei miei sentimenti di lettore».


venerdì 16 maggio 2014

Nonostante tutto

Ma il Salone come mi è sembrato?, mi ha chiesto Sandra in un commento al mio post precedente. Già, che effetto mi ha fatto tornarci, dopo aver saltato quello dell'anno scorso?
Ci sono stata solo per poche ore, il pomeriggio di lunedì per la precisione, troppo poche per farsi un'impressione approfondita, non sono neanche riuscita a visitarlo tutto, e mi è molto dispiaciuto essermi persa il “Progetto Officina” affidato a Culicchia.
Appena arrivata ho scoperto che avevano finito le mappe del Salone, sono stata quindi obbligata purtroppo a visitarlo a caso, senza bussola, un po' alla “Va dove ti porta il cuore”, visto che la madrina era la Tamaro. E mentre mi muovevo da uno stand all'altro oscillavo tra due impressioni, come le facce di una stessa medaglia: ero contenta perché non era cambiato nulla e mi sentivo a casa; ed ero un po' delusa perché mi sembrava uguale a quello di due anni fa.
Tra le continue attenzioni che VV richiedeva, il girare senza meta, il disappunto provato per essere stata ripresa da una signora, uscita appositamente da una sala conferenza per informarmi che un capriccio di VV stava disturbando una presentazione di un libro (strano, i capricci piacciono a tutti, soprattutto ai genitori...), ho faticato parecchio ad imbattermi in una qualche sorpresa, un guizzo, una novità. Tutt'ora sono combattuta tra “il prossimo anno ci vado senza VV” e il “ma i bambini sono i lettori di domani”. E la vera, unica sorpresa per me, sono state proprio le pubblicazioni per l'infanzia; alcune le definirei delle vere opere d'arte.
Eppure sono stata molto contenta di esserci andata, anche solo per l'immersione tra tutti quei libri, per aver guardato copertine e letto le quarte di copertine, per aver comprato due libri e per aver sognato di comprarne altri 100, per aver osservato chi nell'editoria ci lavora, averli invidiati e aver pensato che è proprio vero che spesso chi ha il pane non ha i denti.
Ma quando si ama qualcosa (o qualcuno) è così, lo si ama e basta, nonostante tutto.

mercoledì 14 maggio 2014

Il Salone di VV


Dopo “Il Salone dei sogni” e “Il Salone degli incontri”, quello di quest'anno si è rivelato essere “Il Salone di VV”. Come poteva essere altrimenti...
Tutto era stato pianificato in base alle sue esigenze: giorno, orario, mezzo di trasporto; come ho potuto pensare per un solo momento che VV sarebbe stata solo una semplice spettatrice e non la protagonista?
Non abbiamo fatto in tempo a superare di pochi metri l'ingresso che è suonato il primo campanello d'allarme: lo smarrimento del suo peluche; quello di ordinanza, quello che non puoi uscire senza. Quello che lei non si limita a stringerlo a se mentre siamo a passeggio con il passeggino, lei no, braccino fuori e peluche che penzola. Povero peluche, una vita di terrore, sempre sull'orlo del precipizio. Vuoi non fare almeno un tentativo di percorrere a ritroso la strada appena fatta, con la speranza di ritrovarlo? Chissà cosa avrà pensato la gente quando, all'urlo di: “Olivia!”, mi avranno vista mentre mi precipitavo ad avventare una giraffa di peluche.
Recuperata Olivia, la giraffa, e superato quello che si pensava essere il peggio, ci siamo finalmente dirette verso il primo padiglione. Al primo stand della prima casa editrice a cui ci avviciniamo si scatena l'Apocalisse. E adesso che cosa succede?, penso tra me e me. E' successo che ho cresciuto un mostro, perché VV, braccini e corpo proteso, voleva i libri. “Amore, vuoi leggere? Ecco mamma ti ha portato i tuoi, di libriccini”. “E no, cara mia, non te la cavi così, questi li ho letti e riletti, voglio quelli che state sfogliando voi!” Hai voglia a spiegare a una bambina di 11 mesi che quelli non li può avere... Io ero già pronta a gettare la spugna, neanche il tempo di entrare che già dovevo uscire, la visita al Salone del Libro più breve della storia umana. Mia madre, alias la nonna, aveva già il portafoglio in mano: “E compriamogliene uno! Dove sono gli stand coi libri per bambini? Che sarà mai...” Vuoi non darglielo un vizio a 'sta bambina? Poi una voce è giunta da lontano: “Magari proviamo con un catalogo...” Santa donna dello stand, i miei grazie non saranno mai abbastanza.
Con VV immersa nella lettura del catalogo, abbiamo finalmente ripreso il nostro giro ma non avevamo fatto i conti con due mali incurabili: la mammite e la nonnite, soprattutto quest'ultimo è il peggiore dei mali. Neanche da bambina ho sfogliato così tanti libri per l'infanzia e nel giro di pochi minuti sono riuscita a comprare (istigata da mia madre, vostro onore!) nell'ordine: una maglietta per ricordare il primo Salone di VV, il suo primo timbrino ex-libris, un biglietto di auguri per il suo compleanno e, ovviamente, un libro. Quando sono stata sul punto di comprarle una tazza, ho capito che stavo esagerando.
Per me? Prendendo in prestito le parole di mio marito: “Solo due libri?!”


mercoledì 7 maggio 2014

VV's Bedroom


In questa settimana cadono molte ricorrenze: l'undicesimo complimese di VV ieri (non ci posso credere che è iniziato il conto alla rovescia al suo primo compleanno!) e il primo anniversario del nostro trasloco in questa casa, tra un paio di giorni. Ho così pensato di unire le due cose e mostrarvi la camera di Vittoria, ovviamente con un occhio di riguardo ai libri; è l'unica stanza un po' più “rifinita” rispetto alle altre, ma mancano ancora tante cose. Ad esempio le foto nei porta foto... Non dite niente, ci pensano già le nonne: “Questa bambina ha quasi un anno e non abbiamo neanche una foto!”
Scusate le pessime immagini, "qualcuno" non era collaborativo...

lunedì 5 maggio 2014

Meglio viverla


Il suo blog “La casa nella prateria” è stato uno dei primi che ho letto, anni fa, quando ho scoperto l'esistenza di questo mondo virtuale. Mi infonde calma, serenità e tratta temi differenti tra loro, alcuni molto lontani dal mio stile di vita e dai miei interessi, e proprio per questo motivo è per me spunto di riflessione e approfondimento.
Mi è venuto naturale quindi, non appena presa la decisione di dare le dimissioni, di leggere uno dei libri pubblicati da Claudia Porta: “La mia mamma sta con me”. In questo libro non solo racconta la sua esperienza personale di mamma, che ha fatto della sua passione un lavoro, ma da suggerimenti e informazioni sia a livello pratico che burocratico, oltre che descrivere in modo dettagliato il mondo virtuale dei blog e della netiquette, cioè della buona educazione e le regole non scritte che vigono su internet; il tutto accompagnato da un linguaggio semplice e chiaro, un tono leggero, come tra amiche che si scambiano consigli. Lo suggerisco, soprattutto per chi sta muovendo i primi passi nella blog sfera e spera di far conoscere così la propria attività.
Personalmente quello che ho apprezzato di più sono state le parti in cui Claudia raccontava della sua esperienza personale e le interviste, raccolte alla fine del libro, ad altre donne e mamme che, sempre grazie a internet, sono riuscite a crearsi una professione su misura.
C'è una lezione che mi ha impartito questo libro. Non è una cosa di cui vado molto fiera ma, talvolta, mi capita di essere invidiosa; presa dal mio pessimismo penso che agli altri le cose vadano sempre bene e a me no, che sono più fortunati, che siano in qualche modo “facilitati”. Non è una cosa che mi impedisce di gioire sinceramente dei loro successi, è un modo più che altro per piangermi ancora più addosso. Ebbene, leggendo questo libro, mi sono un po' vergognata di me stessa, perché ho avuto la conferma che in realtà queste persone si meritano il successo che hanno perché si fanno un mazzo così, per dirla in modo elegante. Non perdono tempo a piangersi addosso, ad esempio; non sprecano energia a guardare quello che fanno gli altri perché sono troppo concentrati a raggiungere il loro obiettivo. Per dirla con una frase presa proprio dal libro:

La vita è troppo breve per sprecare il proprio tempo a cercare in rete la ricetta per la giornata ideale. Meglio viverla.

Heather Fontenot


(Nella foto la prova che sto mantenendo uno dei miei buoni propositi: metto lo smalto leggendo!)



venerdì 2 maggio 2014

Da applausi

Che abbiate fatto il ponte, oppure no, vi auguro un fine settimana e la lettura di un libro da applausi.