lunedì 29 settembre 2014

Rendersi degni


E' andata così: stavo passeggiando per la via principale del paese di provincia in cui abito e, come sempre, mi sono fermata a guardare le vetrine di una delle uniche due librerie della mia città. «Maddai, è uscito un nuovo libro di Francesco Piccolo! Maddai ha vinto lo Strega! Devo assolutamente leggerlo!» Questo vi fa capire quanto io sia “sul pezzo” in fatto di editoria...
Comunque, quel santo di mio marito un giorno mi ha fatto una sorpresa e me l'ha fatto trovare sotto il cuscino. La gioia iniziale di avere tra le mani “Il desiderio di essere come tutti” si è smorzata con un «Oddio, parla di politica...» Questo è uno dei rischi del comprare a scatola chiusa. Rischio però che sono contenta di aver corso perché, mi fossi informata prima, credo che il mio desiderio di leggerlo si sarebbe affievolito, forse arrivando al punto di non farlo affatto.
Invece leggere Francesco Piccolo è sempre molto piacevole, anche quando tratta un argomento verso cui, ammetto, provo quasi una profonda avversione; ma non sto ad approfondire, perché finirei in un ginepraio da cui non sarei in grado di uscire. Vi dico però che cosa ho apprezzato di questo libro, che cosa ho “preso e portato a casa”.
Intanto un bel ripasso della storia politica italiana degli ultimi quarant'anni circa, che male non fa, tra cui alcuni episodi di cui non avevo nozione, perché troppo piccola e/o poco interessata per ricordarli. Ma soprattutto un po' di “filosofia di vita” da applicare proprio in questo periodo così particolare e a tratti difficile per me.
Francesco Piccolo nel suo libro scrive anche della moglie e le da un soprannome: Chesaramai; proprio così “che sarà mai”. Sembra molto poco lusinghiero all'inizio, io stessa mi sono domandata come l'avrà presa la consorte dopo averlo letto, ma poi ho capito il senso di questa superficialità, come la chiama lo scrittore, e ho fatto mia una frase della moglie: ci vogliamo rovinare la giornata per questo? Ripetermela non sempre funziona, ma ci sono state un paio di occasioni in cui è servita a farmi passare il cattivo umore.
Così come aver letto ad un certo punto: nella mia vita tutto ciò che mi è accaduto mi ha portato sempre in avanti, mi ha spronata a non crogiolarmi nel passato e, nei momenti più cupi, mi ha dato una spinta ad andare avanti, a non cedere alla nostalgia.
Mi rendo conto, tutto questo non ha molto a che fare con quello di cui tratta il libro, ma io credo fermamente che si prenda dalla lettura quello che in quel momento ci serva, quello che in quel preciso periodo della nostra vita parla al nostro cuore. Per tornare, però, al tema portante del libro, vi riporto una frase che il libro e Francesco Piccolo mi hanno fatto venire in mente:

Numerosi sono quelli che si immergono interamente nella politica militante, nella preparazione della rivoluzione sociale. Rari, rarissimi quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne vogliono rendere degni.

Georges Friedmann


venerdì 26 settembre 2014

Il mio venerdì sera


Da un paio di settimane a questa parte il mio venerdì sera si svolge più o meno allo stesso modo. Ceno, rigoverno la cucina (ma non troppo e non sempre) e mi dirigo sul divano dove ad aspettarmi c'è lei, la rivista a cui mi sono abbonata.
Mi è sempre piaciuto leggere le riviste, fin da quando ero bambina e a comprarle era mia madre. “Grazia”, tra tutte, mi ricorda la mia infanzia; tra i diversi articoli, la mia preferita era una rubrica di bellezza. Non ricordo più il nome della signora che la scriveva, ma ricordo le sue risposte alle lettere delle lettrici: la pacatezza, la sobrietà, l'eleganza, il saper essere pungenti e mordaci senza sfociare nella maleducazione. Una vera Signora io me la sono sempre immaginata così. Sono sicura che alcuni consigli e “trucchi” di bellezza che seguo ancora ora devo averli imparati da lei (oltre che dall' Enciclopedia della Donna). Ricordo che un tempo, molto più di adesso, insieme al giornale spesso c'erano dei regali e, sovente, erano campioncini di profumi; avevo iniziato una vera e propria collezione che esponevo con orgoglio in delle apposite bacheche nella mia cameretta.
Con il tempo le riviste le ho lette sempre meno, spesso in vacanza; è diventato quasi un rito, prima della partenza, recarsi dal giornalaio e fare scorte di giornali. Quando trovi le offerte, ad esempio due riviste al prezzo di una, è una vera festa.
Un tempo le leggevo da cima a fondo, sempre nello stesso modo, quasi un rito: prima le sfogliavo dall'inizio alla fine, poi dalla fine all'inizio e solo dopo questo passaggio mi accingevo a leggere tutto, ma proprio tutto; addirittura mettevo il segno per ricordarmi dove ero arrivata. Da quando c'è VV non ci sono più riuscita; le compravo per poi ammucchiarle miseramente nel porta riviste e ritrovarmi, in un piccolo momento di pausa, a leggerne una vecchia di mesi. Ci ho rinunciato sconsolata.
Quest'anno però (l'anno che inizia a settembre) ho deciso di approfittare di un abbonamento che era davvero una super offerta e mi sono data questa regola: la sera stessa del giorno in cui sarebbe arrivata la rivista io l'avrei impiegata a leggerla, da cima a fondo.
Così stasera, mi trovate lì, sul divano, in compagnia della mia rivista. Il mio fine settimana inizia così quest'anno, per un anno.


mercoledì 24 settembre 2014

Volli fortissimamente volli

A dimostrazione del fatto che i libri che posseggo non mi bastano mai, vi mostro una parte, piccolissima parte, dei miei “desiderata”.


Lei, la mia grande passione, di cui però non ho ancora letto tutto.


E così vorresti fare lo scrittore?” di Giuseppe Culicchia: sono stata alla presentazione di questo libro organizzata nella biblioteca della città di provincia in cui vivo, la scorsa primavera. Perché non l'ho comprato in quell'occasione? Perché ogni tanto mi ricordo quanti libri ancora da leggere mi aspettano a casa, per poi pentirmene. Come ha commentato mio marito: «Va che sei strana...»

The Artist's Way” e “The Artist's Way for Parents” di Julia Cameron: per un lungo periodo Grazia, del blog “To Write Down”, ha condiviso su quest'ultimo la sua esperienza di lettura e di messa in pratica dei consigli di questo manuale. L'ho trovato davvero molto interessante ed è stato piacevole seguirla in questo suo percorso.

Il sogno di scrivere” di Roberto Cotroneo: ho letto la recensione che ne ha fatto Camilla su suo blog “Zelda was a writer” e mi ha molto incuriosita. La cosa strana, di questo mio interesse per questo tipo di libri, è che continuo a leggerli, anche se io non mi considero una scrittrice e non ho questa velleità. Va che son strana...

E voi? Che libri avete sulle vostre wish-list?


lunedì 22 settembre 2014

Essere una storia

Questa estate ho letto il mio primo e-book; l'ho letto su i-pad, non su un e-reader e qualcuno mi ha detto che c'è molta differenza tra i due applicativi, a quanto pare leggere sul secondo è molto meglio. Voi ne sapete qualcosa? Io non sono molto esperta in merito.
Comunque, dicevo (scrivevo?:-) ), ho letto il mio primo libro non cartaceo ma non saprei giudicare se mi è piaciuto o meno. Non il libro, chiariamoci, ma la modalità di lettura. Per ora pendo più per il no, non ho gradito.
Ho un'ottima memoria visiva, se voglio ritrovare un brano, bene o male, anche se non l'ho sottolineato o evidenziato in qualche modo, in un libro riesco a ritrovarlo facilmente; su un e-book non ci riesco, le pagine mi sembrano tutte uguali, non sono in grado di capire il punto in cui mi trovo. Molto spesso, una volta che ho finito di leggere un libro, amo sfogliarlo nuovamente tutto, rileggere brani, ricordare passaggi, le emozioni che mi ha dato; questo sull' e-book non l'ho fatto, non c'è proprio gusto.
Man mano che vado avanti a scrivere mi rendo conto che no, direi che la lettura digitale non fa molto per me. Probabilmente lo utilizzerò solo per manuali o per libri per cui non ci tengo particolarmente ad avere il cartaceo, ma solo leggerli per “farmi un'idea”. Vi farò sapere; forse è solo questione di abitudine.
Ma veniamo al libro, “Ragione e pentimento” di Sandra Faè. L'ho letto in un giorno e mezzo; d'accordo, ero in montagna, in un periodo particolarmente favorevole, ma è comunque un tempo brevissimo. Si fa leggere, il ragazzo!
Non è facile per me parlarvene: perché conosco l'autrice, perché ho vissuto la gestazione e l'ho visto nascere. Mentre lo leggevo e anche ora, che ci ripenso, non potevo fare a meno di sentire la sua voce e per voce, intendo quella di scrittrice. Sarà che prima di conoscerla di persona, l'ho conosciuta attraverso il blog, attraverso le sue parole, attraverso il suo raccontare. Leggere il suo libro mi ha fatto molto effetto; mi sembrava di averla lì, con me, lei e la sua urgenza di scrivere. C'è chi dice che mentre si legge un libro, l'autore non si debba sentire. Eppure leggendo questo romanzo a me è venuta in mente questa frase:

Essere una persona è avere una storia da raccontare.

Karen Blixen


Questa storia è Sandra. Sandra è questa storia.

(Qui trovate il suo blog, “I libri di Sandra”, e anche tutte le informazioni su “Ragione e pentimento”)




venerdì 19 settembre 2014

My Way Home


Un paio di giorni fa ho letto una frase su Internet, diceva più o meno così: ottimista è una persona che se fa un passo avanti e due indietro non pensa sia un disastro, ma un cha cha cha. Quindi, senza saperlo perché non sono un'ottimista, sono giorni e giorni che ballo... Un mese oggi, per la precisione.
Sono rimasti in pochi a chiedermi come sto, così io non mi sento più tanto autorizzata a stare male. Il mondo ha deciso che la convalescenza è finita, sono guarita.
Forse. Non lo so se da un evento così si guarisca. Si va oltre, sicuramente. Se penso a quello che mi è successo mi viene ancora, ogni tanto, da piangere, ma ora le lacrime hanno un altro sapore. Rassegnazione, forse.
Oppure, conoscendomi, sto cercando di barare contro me stessa. Rimando, sposto il paletto un po' più in là, penso troppi “se”, mi aggrappo a troppi “forse”. Ho fretta di mettere il punto, chiudere il capitolo, voltare pagina. Eppure mi crogiolo, crogiolo, crogiolo... Ricado sempre nei miei soliti errori, i miei difetti, i miei tranelli mentali, le mie contraddizioni.
Se li mettessi su un piatto della bilancia, i momenti “si” e quelli “no” avrebbero lo stesso peso, perché convivono. Forse è questa la “guarigione”: bello e brutto, insieme, come le facce della stessa medaglia.
Per fortuna il web, questo vasto, immenso mondo dove spesso ho la sensazione di perdere il mio tempo, mi viene in aiuto; così, tanto inutile questo web non è.
Non ricordo neanche più come sono capitata su questo blog, “Enjoying the small things”, ma sono felice di aver incontrato questa donna che ha davvero il dono di trovare la bellezza ovunque e lezioni di vita nei piccoli eventi della vita quotidiana. Ecco che cosa ha imparato leggendo una fiaba ai suoi bambini:

Good stories have bad middles. When life hands over some terrible, horrible, no good, very bad days, you have to remember it's just a middle. And you're writing a good story. And when it's your story that has a bad middle, you get to be a part of writing the ending. Of making sure that the bad middle has a purpose and a resolution and a character that finds her way home.

Kelle Hampton
 
Tradotto (male) da me: Le belle storie hanno nel mezzo dei brutti eventi. Quando la vita ti consegna alcuni terribili, orribili, non buoni, davvero brutti giorni, devi ricordarti che è solo una parte. E tu stai scrivendo una bella storia. E quando è la tua storia ad avere un brutto momento, tu prendi parte nello scrivere il finale. Nel fare in modo che il brutto momento abbia uno scopo e una soluzione e un personaggio che ritrova la via verso casa.

E io voglio ritrovare la strada verso casa, una bella storia e un finale stupendo.

 


mercoledì 17 settembre 2014

Like Pearls


Una tenda a incorniciare gli alberi che assumono le sfumature più belle del dorato e del bronzo. Un cuscino su cui adagiarsi. Il calore di una candela. Un piattino da cui pigramente spiluccare biscotti. Una tazza fumante di tè.
Ti aspetto autunno.

After all... I believe the nicest and sweetest days are not those on which anything very splendid or wonderful or exciting happens, but just those that bring simple little pleasures, following one another softly, like pearls slipping off a string.

Anne Shirley

Tradotto (male) da me: Dopo tutto... Io credo che i giorni più belli e dolci non siano quelli in cui accadono cose davvero splendide o meravigliose o eccitanti, ma quelli che ci regalano semplici piccoli piaceri, che si susseguono dolcemente, come perle che scivolano fuori da un nastro.

(I prodotti della foto sono tutti H&M Home)

lunedì 15 settembre 2014

Quanto pesa?


Non mi capita molto spesso di comprare libri al supermercato; è uno di quei reparti in cui capito di rado. Non amo molto fare la spesa: entro, compro il necessario ed esco; spesso in un'ora sono già a casa. Mi piacerebbe una volta prendermi il tempo di girarlo tutto, sono sicura che farei delle piacevoli scoperte; ma per ora la spesa è solo un dovere e non proprio un piacere.
Anche questa volta ero, come sempre, con i minuti contati ma ero, anche, prossima alla partenza per la montagna e non avevo avuto il tempo di andare in biblioteca: i libri da portare con me in vacanza non erano sufficienti. (Si, è vero, nella libreria ho due scaffali e mezzo di libri ancora da leggere... ma voi da che parte state?!) Così ho fatto un salto nel reparto libri e quasi subito il mio occhio è stato attirato dal formato di questi romanzi; sembravano bignamini. «Ma guarda che cosa si sono inventati...»
Flipback li hanno chiamati; proprio l'altro giorno su Instagram c'è stato uno scambio di opinioni su questi piccoli libretti, che stanno nel palmo di una mano ma hanno una carattere leggibile e sono leggeri, perfetti per seguirti ovunque. Li avete visti e/o comprati? Cosa ne pensate?
Comunque, molti dei titoli proposti non erano di mio interesse o li avevo già letti, ma ormai il formato mi aveva incuriosita e volevo scoprire l'effetto che mi avrebbe fatto leggere un libro così. Di Chiara Gamberale avevo da poco letto “Per dieci minuti” e mi era molto piaciuto, nella sua semplicità e scorrevolezza, mi aveva fatto riflettere parecchio; ho pensato che non mi avrebbe delusa un'altra volta e ho avuto ragione. Ironia della sorte, “Quattro etti d'amore, grazie” è ambientato in parte in un supermercato!
Ecco che cosa ho portato a casa con me, mettendo questo libro nel carrello: due domande; il regalo più bello che un romanzo ti possa fare.

Quanto pesa quello che siamo? E quello che non abbiamo?


venerdì 12 settembre 2014

Tocca a voi!


E' il vostro turno. Nell'asso di tempo in cui vi parlerò delle mie letture estive non ho certo intenzione di smettere di leggere, questa volta però sarete voi a scegliere il mio prossimo libro. Si, avete capito bene, vi do la possibilità di dirmi quale, tra due libri, vi piacerebbe che io leggessi per poi parlarvene qui sul blog.
Pur avendo la bellezza di ben due scaffali e mezzo della mia biblioteca dedicati ai libri ancora da leggere e pur essendo stata, solo tre settimane fa, ricoverata in ospedale e poi convalescente in casa, sono riuscita a fare nuovi acquisti. Ah l'amore per i libri smuove il mondo... il mio almeno!


Il primo che vi propongo è “Uscirne vivi” di Alice Munro. Avevo ricevuto in omaggio, ricaricando il cellulare, un buono da spendere in un libreria Mondadori. Così, nella mia prima passeggiata da convalescente, mi sono trascinata, letteralmente, fino alla libreria a me più vicina. Indovinate che cosa mi ha attirato di questo libro? Il titolo, ovviamente; riassumeva in due parole quello che mi era appena successo (uscire viva da un intervento d'urgenza) e quello che stavo cercando di fare (uscirne viva ma, soprattutto, sana di mente da un lutto). Aggiungiamo anche che non ho mai letto nulla di questa autrice e il libro è tornato, trascinandosi anche lui, a casa con me.


Il secondo è “L'anno del pensiero magico” di Joan Didion. Questo libro è nella mia lista dei “to read” da moltissimo tempo; ne ho sempre sentito parlare benissimo, l'ultima volta nel blog di “Zelda was a writer”, ricevendo così conferma essere una lettura da affrontare prima o poi. Credo di essermi decisa a comprarlo sull'onda del mal comune mezzo gaudio. Non è assolutamente mia intenzione paragonare quello che è successo a me alla perdita del marito dell'autrice; anche se sono del parere che sia giusto rispettare il dolore di tutti, senza inutili paragoni o classifiche: lo so che c'è chi sta peggio di me, ma c'è anche chi sta meglio...

Comunque, ho grandi aspettative da entrambi questi libri e non vedo l'ora di iniziare la lettura di uno dei due. Non fatemi aspettare troppo, quindi, avete tempo tutto il fine settimana per farmi sapere nei commenti quale libro vi piacerebbe io leggessi e io da lunedì mi metterò sotto, cercando di non impiegarci troppo tempo.

Quelle due paginette la sera, giusto per dire di aver letto... ;-)
 


mercoledì 10 settembre 2014

A Drug that heals


With books I practiced esapism, but it is also books that, in the end, led me back to my life. While reading can be deeply narcotic, it is also a drug that heals. For reading lift us out of ourselves, and when we're returned, we're more empathetic, more capacious, wiser. I think reading can be a moral act.

Beth Ann Fennelly

Tradotto (male) da me: Con i libri pratico l'evasione dalla realtà, ma sono anche i libri che, alla fine, mi restituiscono alla mia vita. Mentre leggere può rivelarsi profondamente narcotico, è anche una droga che guarisce. Perché leggere ci solleva fuori da noi stessi, e quando torniamo, siamo più empatici, più capaci, più saggi. Io penso che leggere possa essere un atto morale.

(Nella foto, la mia lettrice preferita che si intrattiene durante un viaggio)


lunedì 8 settembre 2014

Non smettere


Questo libro l'ho conservato con cura. Ho atteso il momento giusto, quando sapevo sarei riuscita a leggerlo con calma, per molto tempo, sprofondandoci dentro, fino a quando ne avrei avuta voglia; non le solite due paginette prima di dormire «Giusto per dire a te stessa che anche oggi hai letto», come dice mio marito per prendermi in giro.
Vanessa e Virginia” di Susan Sellers è uno degli unici due libri che ho acquistato al Salone del Libro di Torino e ovviamente l'ho comprato perché, insieme alla sorella, ne è protagonista lei, la mia scrittrice preferita, Virginia Woolf. L'ho preso a scatola chiusa: non avevo letto recensioni, non ho letto la quarta di copertina, non l'ho sfogliato. Mi comporto così quando ho paura che il mio occhio cada su qualcosa che incrini il mio interesse, o lo inquini, o lo influenzi. Odio quando inizio a leggere un libro con in testa l'opinione troppo di parte di qualcun' altro.
Ricordo il pomeriggio che l'ho preso in mano: VV che dormiva beatamente nel suo lettino, il silenzio della montagna disturbato solo dalla pioggia, la penombra, l'acquolina in testa.
La prima sorpresa è stata la scoperta che il libro è scritto in prima persona, la voce narrante è quella di Vanessa, la sorella di Virginia; all'inizio ne ero disturbata, non so perché, così come non riuscivo ad accettare il suo punto di vista, mi sembrava di parte, devo aver pensato più volte «E' gelosa». Man mano che procedevo nelle lettura, però, ho incominciato ad apprezzare proprio questo particolare; sebbene romanzato, mi piaceva l'idea di un libro che mi facesse conoscere Virginia da un punto di vista esterno, anche se vicino come la sorella. E alla fine, sorpresa delle sorprese, ero felice e curiosa di conoscere meglio Vanessa: la donna, l'amante, la pittrice, la mamma. Virgina Woolf, la scrittrice, era passata in secondo piano.
Mi è venuta voglia di conoscere Vanessa Bell ancora di più; ho il desiderio di vedere i suoi quadri, così vividamente descritti nel libro che avevo come l'impressione di essere lì, accanto a lei, mentre dipingeva ma, soprattutto, vorrei avere la sua forza, la sua passione, quel fuoco sacro che ti brucia nell'anima e che ti da la forza e la spinta a coltivare la tua arte. Quell'arte che è un pezzo di te, scorre nelle tue vene, non puoi vivere senza. Ecco l'unica, preziosissima, cosa che avevano in comune le due sorelle, che me le fa tanto amare, e che ha reso il loro legame così forte, così speciale, così indissolubile.

Il mio occhio va alla finestra: rimango colpita da un tripudio di giunchiglie sotto i meli. Decido di portare fuori il cavalletto e di dipingere... Guardo il giallo, vivido e tangibile alla luce del sole. Hai ragione tu. Quello che conta è non smettere di creare.



venerdì 5 settembre 2014

Comunque


Comunque, per riprendere il discorso dell'ultimo post, nei momenti di lucidità sono più che consapevole che piangere tutte le lacrime di questo mondo non servirà a cambiare nulla anche se, nel dubbio, io le piango lo stesso...
Comunque, anche se guardo la vita in cagnesco perché, sarò pure poco portata per la matematica, ma qualcosa mi dice che quella lì è in debito con me e prima o poi faremo i conti...
Comunque, anche se in alcuni momenti mi sembra che il tempo si sia congelato, invece settembre, incurante di tutto e tutti, è arrivato e con lui la sensazione che un nuovo anno stia per iniziare e come ogni inizio si fanno i buoni propositi.
Il primo che mi è venuto in mente è: riacquistare fiducia nel futuro. Poi mi è mancato leggermente il fiato... Forse è meglio procedere per piccoli, piccolissimi, microscopici passi; che mi viene anche facile, grazie alla cicatrice.
Il mio buon proposito quindi sarà quello di condividere con voi le mie letture estive e cercare di vivere alla giornata. Di più, da queste parti, non ce la si fa.

Dimenticavo. Con questo post spero di aver concluso i piagnistei. Qui nel blog almeno... Ma aggiungiamo un forse che, ormai, del futuro non v'è certezza. Grazie per avermi sopportato e supportato.


lunedì 1 settembre 2014

Che vuole dire per sempre?


Quasi due settimana fa mi beavo del dolce far niente in cui ero immersa, gustavo la possibilità di vivere attimo per attimo, senza programmi e senza aspettative e mi crogiolavo nella quantità di ore spropositate che stavo dedicando alla lettura. Gioivo del mio presente e del mio starci.
Ora, in teoria, non è cambiato nulla: da me non ci si aspetta altro che riposo, tranquillità, sedentarietà: potrei dormire, mangiare e leggere con l'approvazione e benedizione di tutti.
Invece mi sento in gabbia, sclero che è un piacere, passo dal telefono, al tablet, al libro come una vera schizofrenica; una persona che soffre di deficit d'attenzione è più concentrata di me. E se il fisico, dal giorno dell'operazione, mi ha abbandonata, la mente non impiegherà molto a lasciarmi a sua volta se continuo così.
Non sono una persona che ama le sfumature di grigio, per me o è bianco o è nero; questa situazione di stallo mi tortura, non ho pazienza.
Così stavo considerando come solo quasi due settimana fa ero felice del mio presente, che ora invece è il mio nemico perché non lo so accettare; insieme al passato che mi tormenta come un fantasma, e al futuro, a quello che poteva essere e non sarai mai più. Il futuro che non riesco più a sognare.

Ma quanto vive l'uomo?
Vive mille anni o uno solo?
Vive una settimana o più secoli?
Per quanto tempo muore l'uomo?
Che vuol dire per sempre?

Pablo Neruda