mercoledì 29 aprile 2015

Contenta e stufata


Qualche giorno fa ho letto questo commento a un post di un blog che seguo (non faccio nomi, non hanno importanza):
Sono un po' confusa dal discorso della casalinga e scrivo questo commento perché mi piacerebbe sentire altre opinioni a riguardo. Vedere le cose da un altro punto di vista fa spesso bene. Sono d'accordo quando si dice che, indipendentemente dal lavoro, il figlio è di entrambi e quindi tutti e due dovrebbero prendersene cura. Non riesco però a capire la relazione tra casalinga e lavoro. Dal mio punto di vista la casalinga/o è una persona che si prende cura della casa e di tutto ciò che concerne, famiglia inclusa.
Ciò che ho sempre pensato, però, è che anche una qualunque persona che lavora, alla fine, si prende cura della casa e della propria famiglia. Solo che oltre a fare ciò che fa una casalinga (xchè credo che siano poche le persone che possano permettersi un aiuto a casa in modo più o meno stabile), lavora 8 ore al giorno. Per questo non riesco a vedere il nesso tra essere casalinga e il suo lavoro in quanto tale. Ripeto, non vuole essere un attacco.
E ci sono rimasta male. E mi sono sentita pungere sul vivo. E ho continuato a ritornarci col pensiero.
Mi sono sentita chiamata in causa in prima persona perché sono, per mia scelta dopo la nascita di VV, una casalinga. Odio il termine, non mi definisce, forse preferisco mamma a tempo pieno. Ci sono rimasta male perché so che ci sono persone che pensano la stessa cosa, involontariamente lo faccio anch'io alcune volte, fa più male se a dirlo è una donna.
Non mi è piaciuto il sottinteso che una mamma che lavora fa di più di una che un lavoro non ce l'ha; ma non sono riuscita ad arrabbiarmi troppo con la commentatrice perché ha sottolineato in apertura e chiusura che voleva solo capire di più.
Però... però ho sentito il bisogno di giusitificarmi, di dimostrare che non è vero che faccio di meno, che non sto a casa a fare la bella vita mantenuta dal marito. Così è un po' di giorni che arringo questa sconosciuta nella mia testa, poverina...
Le sto dicendo questo: il mio lavoro è fare la mamma. Lo so, mamma lo sei anche tu, ma non durante le otto ore in cui sei al lavoro, in quell'arco di tempo tuo figlio lo sta crescendo qualcun' altro. E così come io non so cosa significhi e quanto sia difficile dover delegare qualcuno a farlo al posto tuo, tu non sai cosa significhi e quanto sia difficile farlo 24 ore su 24, non stop. Non timbro il cartellino dopo le 8 ore, non ho ferie e permessi, non posso mandare al diavolo il capo (mia figlia) e andarmi a prendere un caffè con la collega amica perché sono a casa da sola la maggior parte del tempo. Non ho ferie, permessi, tredicesime e quattordicesime anzi, molto spesso, il mio lavoro non viene riconosciuto.
Anche tu badi alla casa e, sbagliando, pensi che hai molte meno ore di me per farlo (la sera dopo il lavoro e nel weekend). In realtà, io penso che dedichiamo alla casa lo stesso numero di ore, solo che tu ti senti giustificata a trascurarla un po' lavorando e io invece, stando tutto il giorno a casa, sento il coro delle persone, che la pensano come te, che mi giudicano se lo faccio. In più, sempre per il ragionamento sbagliato, non mi oso a chiedere aiuto. Penso anche che affrontare questo coro sia la parte più difficile dell'essere mamma a tempo pieno, così come il non sentirsi in diritto di chiamare il time out quando si sente di aver esaurito tutte le energie e le forze a disposizione, c'è sempre in sottofondo quel “Non lavori...” e molto spesso sei tu stessa a dirtelo per prima, in una contraddizione continua.
Sarebbe bello invece se riconoscessimo tutti, soprattutto tutte, che è difficile sempre, che si scelga di stare a casa o si decida di tornare al lavoro, che come ogni scelta, ognuna è fatta di rinunce e compromessi, che tutte nell'arco della stessa giornata malediciamo la nostra situazione e un attimo dopo ci sentiamo le donne più fortunate del mondo.

Il giorno in cui ho letto quel commento pioveva ed io e VV siamo state a casa tutto il giorno, da sole. Al momento della merenda, col suo biscotto in mano, VV è venuta saltellando da me, che ero seduta a sorseggiare un caffè, e mi ha detto: «Sono contenta». Pochi minuti dopo, quando mi sono rifiutata di ascoltare per la milionesima volta la stessa canzone, VV si è gettata piangendo sul divano urlando: «Io sono stufata!».
Anch'io sono contenta, bambina mia, anch'io sono stufata.


lunedì 27 aprile 2015

Varie ed eventuali


Questa mattina è stato presentato il programma della 28° edizione del Salone del Libro di Torino. Si prevedono giorni di studio matto e disperatissimo... Salvo imprevisti, dovrei essere presente le giornate di giovedì, venerdì e lunedì; in base agli appuntamenti che mi interessano di più, deciderò se andare sabato o domenica, ma è più probabile sabato. Ovviamente, come già scritto, sarò felicissima di conoscervi se qualcuno verrà al Salone, nei prossimi giorni vi riferirò più in dettaglio a quali incontri prenderò parte, così da facilitare la pianificazione.

Cambiando bruscamente discorso, ma rimanendo in ambito letture (2.0 però) è un periodo che ho voglia di aria fresca e nuova anche su internet, così ho pensato di chiedere a voi se avete dei blog che seguite, che vi piacciono molto e che pensate potrebbero essere anche di mio interesse. Non devono essere per forza blog a tema libresco, ma un luogo piacevole dove trascorrere del tempo e trovare magari nuove idee e spunti, o una piacevole distrazione. Non devono essere blog famosi anzi, meno lo sono è meglio è; ultimamente le blogger più famose sono diventate vetrine per la pubblicità e espongono tutte le stesse cose, che noia!

Oggi piove a dirotto e si prevede un lungo pomeriggio in casa con VV. Per fortuna ho ancora un asso nella manica da giocarmi per intrattenerla... ;-)

venerdì 24 aprile 2015

Reading is Everything


Colgo l'invito di Sandra che, in occasione della giornata mondiale del libro di ieri, nel suo blog domandava che cosa è la lettura per noi e le rispondo qui, a casa mia, prendendo in prestito le parole di qualcun'altro.
Reading is everything. Reading makes me feel like I've accomplished something, learned something, become a better person. Reading makes me smarter, reading gives me something to talk about later on. Reading is escape, and the opposite of escape; it's a way to make contact with reality after a day of making things up, and it's a way of making contact with someone else's imagination after a day that's all too real. Reading is grist. Reading is bliss.

Nora Ephron

Tradotto (male) da me: Leggere è tutto. Leggere mi fa sentire come se avessi compiuto qualcosa, imparato qualcosa, fossi diventata una persona migliore. Leggere mi rende più intelligente, leggere mi da qualcosa di cui parlare più tardi. La lettura è fuga, e l'opposto della fuga; è un modo per mettersi in contatto con la realtà dopo una giornata trascorsa inventando, ed è un modo per mettersi in contatto con l'immaginazione di qualcun' altro dopo una giornata troppo reale. Leggere è nutrimento. Leggere è una benedizione.

Vi auguro un buon fine settimana.

mercoledì 22 aprile 2015

Lets get personal! - Me, Myself & I -


Ci sono due aspetti del mio carattere che cozzano e fanno a pugni, ultimamente ci faccio sempre più caso; la cosa curiosa è che sono proprio uno l'opposto dell'altro, trovare un punto di incontro sembra impossibile.
Come ho scritto più volte, sono una persona abbastanza insicura, che teme il giudizio delle persone e ha un bisogno estremo di ricevere approvazione. Questo lato del mio carattere cerca, come l'assetato l'acqua, il gruppo: ha paura di sentirsi sola, diversa e incompresa.
L'altra mia faccia è, come ho anticipato, proprio l'opposto: odia il gruppo!
Ho una doppia personalità...
Mi spiego meglio con degli esempi. Ho un discreto interesse verso la moda, mi piace leggere ogni tanto una rivista e vedere i trend del momento; quando però un capo o un accessorio diventa “troppo” di moda, per quanto mi piaccia, io lo rifuggo. Gli stessi giornali di moda si scandalizzano se due attrici si presentano alla serata di premiazione degli Oscar con lo stesso identico abito, perché noi dovremmo accettare di vestirci tutti i uguali nella vita di tutti i giorni? Mi piacciono le Stan Smith (un tipo di scarpe da ginnastica), ma ora le hanno davvero tutti, mi sentirei una pecora!
Frequento un gruppo di mamme con cui ho stretto amicizia durante il corso pre-parto; i nostri bimbi stanno crescendo insieme. Cos'ho in comune con loro a parte l'essere diventata madre? Poco o niente; anche dal punto di vista educativo non la pensiamo sempre allo stesso modo. Sono l'unica, ad esempio, che non ha mai fatto vedere la TV a VV. Mi sento spesso un pesce fuor d'acqua eppure continuo a fare parte del gruppo. Perché? Ho comunque bisogno di confrontarmi, ma non mi sento capita.
Altro esempio più calzante per il blog: il 23 aprile è la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore e per l'occasione è stata organizzata un'iniziativa chiamata #ioleggoperchè. Volevo parlarvene nel mio blog ma... lo stanno facendo tutti! Dove sarebbe la novità? Cosa potrei mai aggiungere che non è già stato detto? Il mio lato insicuro risponderebbe: nulla!
Insomma, non voglio stare fuori dal coro, ma allo stesso tempo non ci so stare dentro. Ci tengo alla mio essere unica e particolare, ma allo stesso tempo non sono abbastanza forte e sicura di me per stare da sola. Ma poi, mantenere la propria unicità ha come diretta conseguenza il rimanere soli ed incompresi? Perché molto spesso è questa la mia impressione...
Vi capita mai di sentirvi così? Come reagite? Scusate per questo post, senza capo ne coda, un po' dentro e un po' fuori!

lunedì 20 aprile 2015

Chi sei, tu?


Di Fabio Geda ho letto solo un altro libro, sufficiente però per farmi pensare, dopo aver finito di leggere il suo ultimo romanzo, di essere molto maturato come scrittore.
Prima avevo come l'impressione che ci fosse sempre qualcosa di autobiografico nascosto nei suoi scritti; ora, anche ci fosse, è molto ben mascherato. Mentre procedevo spedita nella lettura di “Se la vita che salvi è la tua” (spedita perché ho trascurato altro proprio per non interrompermi) notavo anche come fosse ben costruita la storia, in un crescendo degno del miglior giallista capace di catturare la tua attenzione e non farti più posare il libro. Fabio Geda è bravo a tal punto da farti amare il protagonista anche quando, e soprattutto, non comprendi e non condividi le sue scelte. Ti ritrovi a fare il tifo per lui tuo malgrado. Gli perdoni anche il finale, anche se ti spiazza, anche se non era quello che ti aspettavi.
Non si dovrebbe avere difficoltà a scrivere di un libro che ci è piaciuto così tanto, invece i giorni passavano e lui era sempre lì, accanto al computer, a scrutarmi silenzioso. In realtà mi parlava, ero io a non sentirlo, a non ascoltarlo a non comprenderlo. Quello che stava cercando di dirmi è tutto racchiuso qui, in queste poche righe:

Si alza, barcolla, raschia lo sguardo alcolico lungo il marciapiede, lo posa di nuovo su di loro; a quel punto vede Andrea. E Tu? Dice squadrandolo stupefatto.
Io?
Sì, tu.
Cosa?
Tu, fa Joker. Chi sei, tu?

venerdì 17 aprile 2015

Nient'altro che un uomo


Dopo giorni in cui sembrava fosse arrivata non la primavera ma addirittura l'estate, è stato difficile questa mattina svegliarsi con la pioggia. Anche VV, che appena alzata dal letto ha preso l'abitudine di correre alla finestra per controllare il tempo («C'è un bello sole. Giardinetti!»), ha accusato il colpo perché alle 10 del mattino avevo già esaurito la mia pazienza. Per fortuna è venuto in nostro soccorso Didò; confermandomi così che faccio bene a tenere alcuni giochi nascosti da usare come jolly. ;-)
Le previsioni per il fine settimana non sono entusiasmanti, temo i giardinetti dovranno aspettare ancora. Cosa avete in programma? Noi sabato sera abbiamo una festa di compleanno con gli amichetti di VV, nella giornata di domenica forse andiamo all'Ikea (quanti mobili riusciremo a stipare in questa casa?)e io spero di terminare questo libro, che non mi sta coinvolgendo come mi aspettavo, così da poter iniziare presto una nuova e più entusiasmante lettura.
Essere un uomo, nient'altro che un uomo in mezzo agli uomini. Affrontare la vita quotidiana e la sua banalità: ecco la nostra vera grandezza.

Descartes

Vi auguro un buon fine settimana.

mercoledì 15 aprile 2015

Come tutti i bambini, si sa


E' molto curioso l'approccio di VV verso un libro nuovo. I bimbi sono così abitudinari, le novità possono metterli in difficoltà. Inizialmente sembra quasi infastidita, poco invogliata anche solo a guardarlo, ci limitiamo a sfogliarlo e a guardare i disegni. Raramente mi permette di leggerlo subito. Poi qualcosa attira la sua attenzione, un'immagine o una frase, e si sofferma un po' di più, poi sempre un po' di più, ancora un po', ancora una volta, ancora, ancora, ancora... e lo impariamo a memoria!
Ciò che però le fa amare ulteriormente un libro è trovare tra le pagine qualcosa della sua quotidianità, un modo di dire o di fare, una sua abitudine o peculiarità; così ci dobbiamo ingegnare un po' e alle volte, barare... almeno fino a quando non impara a leggere da sola!
Anche la sua Reading Resolutions prosegue e in questi giorni stiamo leggendo “Dieci dita alle mani dieci dita ai piedini” di Mem Fox e Helen Oxenbury. E' un libro molto dolce e tenero, con dei disegni che io trovo bellissimi, e un testo che è una filastrocca perfetta da leggere ad alta voce. Tra le pagine di questo libro vengono ritratti bambini proveniente dalle più diverse regioni del mondo, dal caldo o dal freddo, dalla città o dalla campagna, vicini o lontani...

Ma come tutti i bambini, si sa, hanno dieci dita alle mani e dieci dita ai piedini.

Una delle pagine preferite di VV è questa:


Dove le mani sono disegnate quasi a grandezza naturale, lei ama appoggiarvi sopra le sue e dire: «Uguale!». Senza che io le dicessi nulla, da sola ha notato che anche i buchini sono uguali. Cosa non sono i buchini sulle mani dei bambini???

Questa invece è la mia pagina preferita:


Ogni scusa è buona per scambiarsi dei baci!

lunedì 13 aprile 2015

Il paese delle meraviglie


Esattamente tra un mese, il 14 maggio, aprirà le porte il Salone Internazionaledel Libro di Torino e io sono già ai blocchi di partenza. Quest'anno ho l'accredito, gongolo... E' mia intenzione quindi andarci, se non proprio tutti e cinque i giorni, quasi; sto aspettando il programma definitivo come un bambino l'arrivo di Babbo Natale per pianificare le mie giornate (e quelle di VV).
Vacanza e viaggio, per me, sono sempre andate a braccetto con l'estero, paesi e territori stranieri, culture altre, lingue sconosciute. Ricordo di aver detto più volte in passato: «L'Italia la visiterò da vecchia, quando non potrò più andare lontano». Ora che il concetto di vecchia incomincio a sentirlo più vicino, sento invece che è giusto conoscere a fondo il proprio paese, passato, presente e futuro. Sono molto curiosa quindi per questa edizione del Salone che ha come tema: le meraviglie d'Italia.
Per secoli l'Occidente europeo vi ha trovato le sue matrici, la sua bussola, le sue fonti d'ispirazione come in altrettanti modelli. Rientra in questo contesto anche la ricorrenza dei 750 anni della nascita di Dante, che il Salone ricorderà. Ma oggi? Siamo ancora capaci di metabolizzare e reinterpretare questa illustre tradizione? Quali sono diventate le culture di riferimento e di che cosa sono fatte? Come è cambiato il ruolo, la rilevanza, la significatività di chi pratica delle attività creative?”
In un periodo della mia vita in cui sento di aver smarrito la strada e di aver bisogno di una bussola, in cui mi interrogo sul futuro, mio, e del paese in cui muoverà i primi passi mia figlia, non poteva capitare tema migliore.
E voi, siete pronti a farvi meravigliare? Ci incontriamo al Salone?

Quando ci riesco, è bellissimo


Mi sono presa una pausa, anche dal blog. Tutto stava diventando troppo un dovere. Mi sentivo in prigione, obbligata a fare. Poi un giorno qualcuno mi ha detto, inaspettatamente: «Invidio la tua libertà» ed è stato come inciampare, cadere e realizzare dove si è, tutto contemporaneamente. Mi sono detta che forse era meglio non rialzarmi subito, stare ferma per un po', guardarmi intorno, senza fare nulla, cercando di pensare il meno possibile. Quest'ultimo punto non mi riesce tanto bene, diciamo la verità...
Sto cercando di prendermela questa libertà, di farla mia e di godermela il più possibile. Alcuni momenti mi riesce, altri un po' meno. Ma quando lo faccio, è bellissimo.
Ho guardato i prati, non un po', ma tanto. Ho cercato di riempirmi gli occhi di tutte le margheritine bianche e quei fiori gialli (di cui non conoscono il nome) che punteggiano i parchi e i giardini qui in città; perché tra un po' il Comune farà tagliare l'erba e non ci saranno più.
Sono andata alla ricerca della luce e del sole, dopo tutto il grigiore dell'inverno, ho fatto conoscere a VV la sua ombra, ho scoperto giochi di luce e fasci luminosi che non avevo mai notato in casa.
Ho guardato le stelle, tanto e a lungo. Mi sono concentrata sul loro pulsare, sul fatto che il cliché è proprio vero: sono così lontane che per loro io sono piccola, minuscola, un granello di polvere e i miei problemi le farebbero sorridere, accondiscendenti.
Ho vegetato davanti alla tv; non so quanto tempo era che non mi stravaccavo sul divano a fare niente, se non guardare programmi inutili e poco impegnativi, per me era tutto nuovo, anche la pubblicità.
Ho letto, appena potevo, anche e soprattutto quando avrei dovuto fare altro. Ho letto fino a tarda notte e ho dormito al mattino lasciando che fosse VV la mia sveglia. Ho letto per VV quando me l'ha chiesto, anche se dovevamo uscire e ci stavano aspettando. «Che succede? Come mai siete ancora a casa?» mi sono sentita chiedere al telefono. «Niente. Stavamo leggendo. Mettiamo le scarpe e usciamo».
Pensate un po', nessuno mi ha sgridata per aver tralasciato i miei doveri o per essere stata ancora in pigiama a tarda mattinata o per non essere produttiva o perché la casa era in disordine e mille, altre mille cose che io penso qualcuno sia lì a controllare se le faccio o meno, altrimenti non dimostro chi sono, altrimenti non valgo nulla.
Quando ci riesco, quelle poche volte, è bellissimo.

(Vedete la pianta grassa delle foto? L'ho lasciata al freddo dell'inverno, l'ho ignorata e mi sono dimenticata di bagnarla. E lei è fiorita. E mi ha dato due lezioni: 1- Non è stata ad aspettare che qualcuno le desse quello di cui aveva bisogno per farlo; 2- Ero così presa da me stessa che stavo per perdermi i suoi bellissimi fiori)

lunedì 6 aprile 2015

Quello che gli altri non vedono


Si è da poco concluso il primo trimestre dell'anno e ho terminato un terzo delle letture per la mia Reading Resolutions del 2015; posso ritenermi più che soddisfatta (devo leggere sei libri in tutto, mi piace vincere facile...). Questa volta è stato il turno del libro che avevo scelto per la sezione romanzo d'esordio: Virginia Macgregor “Quello che gli altri non vedono”.
Quello che fin dalle prime pagine si è rivelato un sospetto ha ricevuto conferma dopo una breve ricerca su internet: è un libro per ragazzi, consigliato dai 13 anni in su. Lo si avverte e io personalmente questa caratteristica l'ho patita un po': l'ho trovato lento e poco accattivante; però non sono un'esperta di questo genere di letture, magari per i ragazzini è un libro perfetto.
La storia di un bambino di nove anni, Milo, affetto dalla retinite pigmentosa, che per liberare la nonna rinchiusa in una casa di riposa incapperà in diverse avventure, è ricca di lezioni di vita. La prima tra tutte è la differenza tra il guardare e il vedere: il difetto visivo di cui è affetto Milo da limite diventa invece un punto di vista privilegiato sul mondo; così come l'essere passivi e vittime degli eventi della madre è contrapposto al lottare del figlio per ottenere ciò che desidera, senza mai perdere la fiducia e mettendocela davvero tutta. Un limite che diventa un punto di forza, un bambino osteggiato che esce vittorioso: credo possano essere ottimi esempi per dei bambini prossimi adulti che stanno per compiere i primi passi di indipendenza. A proposito di adulti, quelli del libro non fanno una bella figura: genitori ed insegnanti sembrano vivere su un pianeta diverso e questo fa riflettere. I ragazzini vedono gli adulti proprio così: alieni che parlano una lingua sconosciuta e con cui è difficile avere un dialogo. Non so perché ma quest'ultima storia mi sembra di averla già sentita...
Insomma, dopo la delusione della raccolta di racconti, un altra lettura poco soddisfacente; salgano le aspettative per i prossimi libri della mia Reading Resolutions.

venerdì 3 aprile 2015

A Guest House


Mi piacerebbe questo fosse un blog i cui contenuti ispirano la gente, mettono buon umore, fanno sorridere, danno la carica. Purtroppo invece qui spesso parlo di come, alle volte, sia difficile alzarsi dal letto la mattina, di come si combatta per cercare il lato bello della vita, di come sia difficile convivere con un umore altalenante e scontentezze. La vita è fatta di alti e bassi, ne sono ben consapevole, forse in alcuni periodi mi concentro un po' troppo sui bassi...
Comunque, non mi sono dimenticata che a inizio d'anno avevo espresso il buono proposito di non accontentarmi di una non ben specificata serenità, che questo sarebbe stato l'anno del coraggio; anche del coraggio di rimanere in questo buio, aspettando la luce e nel farlo non starò sicuramente ferma, non smetterò di cercarla.
Quindi, alla vigilia del fine settimana di Pasqua ci auguro di morire un po' e rinascere. Ci auguro luce.
This being human is a guest house. Every morning a new arrival. A joy, a depression, a meanness, some momentary awareness comes as an unexpected visitor. Welcome and entertain them all! Even if they're a crowd of sorrows, who violently sweep your house empty of its forniture, still, treat each guest honorably. He may be clearing you out for some new delight. The dark thought, the shame, the malice, meet them at the door laughing, and invite them in. Be grateful for whatever comes, because each has been sent as a guide from beyond.

Rumi
Tradotto (male) da me:

Questo essere umano è un albergo. Ogni giorno un nuovo arrivo. Una felicità, una depressione, una cattiveria, una momentanea consapevolezza, arrivano come un visitatore inaspettato. Accoglili e ospitali tutti! Anche se sono una folla di dolori, che violentemente svuotano la tua casa dai mobili; nonostante ciò tratta ogni tuo ospite con onore. Potrebbe essere che ti stia svuotando in attesa di una qualche nuova gioia. I pensieri neri, la vergogna, la malizia, incontrali alla porta ridendo, e invitali ad entrare. Sii grato per qualsiasi arrivo, perché ognuno è stato inviato come guida dall'aldilà.

mercoledì 1 aprile 2015

An Art of One's Own


Rimarrò sempre con il rimpianto di non aver studiato storia dell'arte. Non che non fosse prevista questa materia nel liceo che ho frequentato, semplicemente ho avuto una pessima professoressa, che non è stata in grado di farmi appassionare. Nulla mi vieta di studiarla da auto didatta, ma sento che mi manca il la, un attacco, per poi proseguire da sola.
Continuo però a frequentare mostre e musei, perché mi piacciono, perché mi regalano belle emozioni, intuizioni, idee. Ogni tanto ho la fortuna di essere accompagnata in queste visite da un ottima guida, spesso mi limito ad osservare e leggere le poche e scarne informazioni scritte.
Non ero mai stata in una galleria d'arte prima di sabato scorso, ad attirarmi sono stati il fatto che fosse un'esposizione di sole artiste donne e il titolo: “An Art of One's Own”, un chiaro rimando al saggio di Virginia Woolf “A Room of One's Own”. 


Alla Raffaella De Chirico Arte Contemporanea ho trovato ad accogliermi una gentilissima ragazza, a cui non ho chiesto il nome perché la timidezza sovente mi rende una maleducata, che mi ha accompagnata passo passo a conoscere le dieci artiste ospiti di questa collezione, fornendomi spiegazioni dettagliate su ognuna di loro e sulle loro opere. Donne con un vissuto diverso, con gli studi più disparati, con metodi espressivi che spaziano dalla scultura al cucito, giovani e meno giovani, alcune in vita, altre no, famose e meno famose. Tutte alla costante ricerca delle propria arte, del metodo e del mezzo espressivo più appropriato per comunicare se stesse, un loro pensiero, un loro sentire

Nella foto in apertura un'opera di Irma Blank, insieme ad Angiola Gatti, è stata una delle artiste che più mi ha colpita; forse perché entrambe hanno scelto come mezzo di espressione la scrittura, il segno, la pagina, la biro.


E' impossibile vivere senza un proprio territorio, senza il senso di uno spazio che non è solo esterno ma interiore, un luogo della mente.

Siri Hustvedt