lunedì 29 febbraio 2016

La fiamma che brucia


Ho sempre praticato sport. Ho iniziato da piccola con la danza classica, la mia prima, vera, passione, ma ho esplorato altre discipline: tennis, sci, nuoto, atletica leggera, corsa e pilates. Amo quello che lo sport dona al fisico e come ti fa sentire: sano, vivo, una macchina ben rodata piena di potenzialità. La danza e il pilates mi hanno insegnato la disciplina, il controllo e l'impostazione di muscoli e scheletro, la ripetizione del movimento per raggiungere la perfezione del gesto, la grazia, l'eleganza e l'espressività del mio corpo. Il tennis mi ha mostrato la potenza, la mira e la precisione, il gioco di coppia, l'essere camerateschi, come coprire il lato debole del tuo compagno (il mio rovescio... :-) ). L' atletica leggera, la corsa e il nuoto mi hanno donato la costanza, il perseverare, lo spingere il mio limite sempre un pochino oltre (“Ancora un giro di pista”, “Ancora una vasca”, “Corro ancora per 10 minuti”).
Amo i muscoli che fanno male, il fiato che manca, il sudore sulla pelle, la spossatezza che ti raggiunge appena hai finito, la soddisfazione di avere resistito fino alla fine.
Lo scorso fine settimana a Torino si è festeggiato il decimo anniversario delle Olimpiadi Invernali. Purtroppo non abbiamo potuto prendere parte ai festeggiamenti perché il tempo era davvero inclemente, con freddo, vento e pioggia, e VV stava uscendo da un brutto raffreddore con una ancora più brutta tosse. Ma voglio comunque ricordare quel bellissimo periodo che ha celebrato lo sport e che ha dato nuova vita alla mia bellissima e amata città.

P.S. La mia passione per le foto non era ancora nata. E si vede...


Abbiamo accompagnato la fiamma olimpica per un pezzo di strada.


Serata di inaugurazione, tutti schierati davanti alla televisione: crostata cinque cerchi e mazzo di fiori cinque fiori, regalo del mio originalissimo fidanzato!:-)


La fiamma olimpica che brilla su Torino. Non si vede nella foto ma quella sera nevicava.


Passion Lives here!


Di qualsiasi sport si tratti, quando l'Italia scende in campo io divento una tifosa sfegatata! (Ero tutta vestita di bianco e blu!)


Quella sera non abbiamo vinto, ma quell'anno Torino si!

venerdì 26 febbraio 2016

Nella mia cucina


Diventi genitore e la prima domanda che ti senti fare è: «Dorme?», la seconda è: «Mangia?». Anni e anni di studi, pubblicazioni, psicoanalisi, manuali di self-help e chi più ne ha più ne metta, ma tu, madre di primo pelo sentirai solo questo sottinteso: «Sei una buona madre?». Perché qualunque cosa faccia il pupo, ogni suo respiro, ogni suo piccolo passo, tu ne sei responsabile. Va bhe, anche il padre, dai...
Provate a indovinare come mi possa essere sentita quando la pediatra di VV (che non ha notoriamente peli sulla lingua) mi ha detto: «Se il bambino ha problemi con il cibo è colpa dei genitori». La mia professoressa di matematica delle superiori avrebbe detto: «C.V.D.» Come Volevasi Dimostrare.
Con mio grande rammarico devo ammettere che, in questo caso, la pediatra aveva ragione. Venivamo da un periodo in cui Vittoria mostrava sempre minor interesse verso il cibo; c'erano stati altri momenti di questo tipo a partire dallo svezzamento ma poi erano rientrati e aveva sempre mangiato con regolarità e in modo ricco e vario. Quest'ultima volta però non solo mangiava di meno come quantità ma riduceva sempre di più i cibi di suo gradimento; stavo incominciando a preoccuparmi. Nella speranza di vederla mangiare le cucinavo tutto quello che sapevo piacerle molto ma, anche questi piatti non sembravano interessarla più. In occasione di una visita per una brutta febbre, ho colto l'occasione per parlarne con la pediatra: «La sta annoiando. I suoi piatti preferiti sono diventati la solita minestra»; insomma, stavo peggiorando la situazione invece che migliorarla.
Non lo avrei ammesso davanti alla pediatra neanche sotto tortura ma anch'io ero annoiata; mi pesava e mi pesa tutt'ora dover pensare tutti i giorni a cosa mettere in tavola sia a pranzo che a cena. Cucinare mi piace, una volta ogni tanto però... Non solo per VV ma anche per me stessa tendo a fare sempre i soliti, rodati, semplici piatti; le ricette nuove, gli esperimenti in cucina sono cose che facevo una volta ogni tanto o per delle occasioni speciali.
Che fare dunque? Non mi ci vedevo proprio a diventare Carlo Cracco dall'oggi al domani, così come non era per niente mia intenzione passare più tempo in cucina, anzi, volevo una soluzione che soddisfacesse sia me che VV. Ci ho pensato a lungo, ho anche procrastinato un po' propinando a VV la solita minestra, ma ero anche curiosa di vedere se riuscivo nella sfida di incuriosire nuovamente VV. Alla fine ho fatto così:

Dolci!

Non c'era solo una bambina che aveva bisogno di essere invogliata a mangiare ma anche una mamma a cucinare. Sono così partita dai piatti che mi diverto di più a fare: torte e biscotti. Anche la colazione era diventato un problema e non mi piaceva l'interesse sempre maggiore di VV verso le merendine preconfezionate, molto meglio quelli fatti in casa. Se poi si coinvolge anche la piccola nella preparazione il divertimento è duplicato. Ora, appena VV mi vede tirar fuori l'occorrente per fare un dolce, corre a prendere la sedia per avvinarsi al piano della cucina!

Pianificare in anticipo

Avevo letto in passato dei post di alcuni blog americani che lodavano l'abitudine di programmare in anticipo i pasti della settimana e ho pensato che questo avrebbe potuto aiutarmi, per non ritrovarmi più all'ora di cena con nessuna idea su cosa cucinare e mandare un messaggio disperato al marito con scritto “Cosa faccio per cena???” (Si, l'ho fatto, diverse volte...). Però tutta questa poesia di sedersi la domenica sera al tavolo della cucina, con una tazza di caffè caldo a sfogliare libri di ricette e stilare liste della spesa e di pranzi e cene io proprio non la sentivo... Vuoi mettere un bel romanzo?! Così mi sono detta: un passo alla volta o, meglio, una ricetta alla volta, una nuova alla settimana per incominciare. Molto più facile così, non pensate?

Non obbligare, non sgridare, non ricattare ma nessuna alternativa

Il cibo deve essere un piacere, oltre che un'abitudine sana e corretta; non deve essere un'imposizione, un obbligo, o qualcosa che si fa sotto ricatto o tra le lacrime. Se VV non vuole mangiare non la obblighiamo e non la sgridiamo, semplicemente le togliamo il piatto da davanti ma, e qui viene la parte più difficile, non le concediamo alternative. Non ci sono capricci che tengano, se ha fame deve mangiare quello che ha nel piatto. Le andiamo incontro, come suggerito dalla pediatra, dandole porzioni piccole (e per piccole intendo davvero piccole, pochi bocconi, tanto c'è sempre tempo per un bis o un tris) così lo sforzo richiesto non è esagerato e alla fine è lei stessa la prima ad essere soddisfatta per aver mangiato tutto. La speranza nostra è che in questo modo, col passare del tempo, si abitui anche ai cibi e ai gusti meno graditi.

A che punto siamo? La curiosità di VV è stata risvegliata, non sempre tutto è di suo gradimento e spesso tende ancora a rifiutare alcuni piatti ma, udite udite, capita a volte che sia lei per prima, senza nessuna nostra insistenza, a richiedere indietro il piatto per mangiare. Urrà! E la mamma? Senza nessuna ulteriore pianificazione, le ricette nuove a settimana sono già diventate due o tre, le riservo per la cena, per la gioia del marito, e sto notando un leggero avvicinamento a quello che può essere definita una pianificazione dei pasti: funziona, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione della spesa e la riduzione degli sprechi. Addio cibi scaduti!
Sono curiosa però di sentire come voi gestite spesa e pasti. Avete qualche suggerimento da darmi? Libri di cucina da consigliarmi? Ricette salva cena?

mercoledì 24 febbraio 2016

La cicatrice

Bisogna lottare per i sogni, ma bisogna anche sapere che, quando certe strade sono impraticabili, è meglio risparmiare le forze per percorrerne altre.

Paulo Coehlo
Non c'è giorno che passa senza che legga qualche frase motivazionale che ti invita a inseguire il tuo sogno, che incita a metterci tutto te stesso, che ti sprona a non mollare, che afferma che lottando con tutte le tue forze otterrai tutto ciò che desideri.
Invece no. La vita non va così. E' giusto sognare, è giusto cercare di realizzare i propri sogni, è giusto lottare per questi ma no, non dipende solo da te se riuscirai o meno nel tuo intento. Questo piccolo particolare spesso non viene considerato, eppure è così importante, perché è un attimo pensare di essere un fallito, di non aver combattuto abbastanza, di non aver davvero impiegato tutte le proprie risorse, basta poco per sentirsi il solo e unico responsabile del proprio fallimento.
Invece no. Non è sempre un fallimento. Ci sono sono tante variabili e alcune non dipendono da te ma, soprattutto, non è vero e non è giusto il messaggio che bisogna comunque, sempre, indefessamente continuare a lottare. Ci vuole altrettanta forza e in egual misura coraggio per dire: basta. Anzi, forse ce ne vuole ancora di più.
Arriva un giorno in cui ci si rende conto che bisogna fermarsi, realizzare che si è dato tutti noi stessi in quel sogno, che per qualche motivo però non spicca il volo e che ci si sta solo facendo del male continuando a insistere. Ci stiamo accanendo volendo farlo vivere ma lui non vuole, si rifiuta. Sì, potremmo fare ancora un tentativo, provare e riprovare ma le variabili di successo e le incognite rimarrebbero sempre le stesse. E intanto il tempo passa, la vita scorre e noi siamo lì, inginocchiati accanto al nostro sogno, a praticargli la respirazione a bocca a bocca e il massaggio cardiaco.
Lasciamolo morire. Facciamogli un bellissimo funerale, doniamogli una lapide, portiamogli dei fiori, prendiamoci tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per dirgli addio e piangere le nostre lacrime. Un altro errore che spesso la società ci spinge a compiere è quello di chiudere subito un capitolo della nostra vita, di andare avanti, di dimenticare, di lasciarci tutto alle spalle, soprattutto se si tratta di un fallimento.
E invece no. Stringiamogli un ultima volta la mano, accarezziamolo, guardiamolo attentamente, imprimiamocelo nella memoria, amiamolo un ultima volta; ha fatto parte della nostra vita per così tanto tempo, è stato così bello sognarlo.
E poi diciamogli addio. E lasciamolo andare. Per sempre.
E' sempre bellissima la cicatrice che mi ricorderà di essere stato felice.

Samuele Bersani

lunedì 22 febbraio 2016

Il meraviglioso Cicciapelliccia


Non deve essere facile essere una bambina di cinque anni e mezzo che vive in una famiglia dove tutti sono molto bravi in qualcosa: parlare cinque lingue, cantare come un fringuello, pattinare sul ghiaccio. Non deve essere facile distinguersi e trovare quello in cui si eccelle; ma è più facile se nella ricerca ci sono tanti amici pronti a donarti ascolto, aiuto e un pezzetto di sé.
Tutte le sere, prima di andare a dormire, stiamo leggendo insieme a VV “Il meraviglio Cicciapelliccia”; libro che la sottoscritta ha preso in biblioteca insieme a tanti altri, attratta dalle bellissime illustrazioni di Beatrice Alemagna, e che VV ha scelto tra tutti attratta invece dalla storia di Edith, Eddie per gli amici, un' avventurosa e determinata bambina alla ricerca del famigerato e sconosciuto Cicciapelliccia. Ad aiutarla in questa scorribanda tanti amici che dimostrano come il rapporto tra bambino e adulto non è così difficile e distante come può sembrare, soprattutto se quest'ultimo è disposto a trattare il primo come suo pari. 
 


Questo libro insegna, inoltre, l'importanza del donare, qualcosa di noi, che sia piccolo o poco prezioso o inizialmente insignificante non ha importanza, pur che sia qualcosa che ci rappresenti e a patto che lo si faccia con il cuore.
La storia dimostra inoltre che, se amati, supportati e lasciati liberi, i bambini sono in grado di compiere grandi cose, ad esempio riuscire nell'impresa di trovare un Cicciapelliccia! Recita infatti la dedica in apertura del libro:
E' assolutamente necessario, per i bambini piccoli, avere una vita organizzata; specialmente nel caso che se l'organizzino da sé!

Pippi Calzelunghe

Ora non vi rimane che leggerlo e scoprire che cos'è un Cicciapelliccia, posso solo anticiparvi che è: assolutamente adorabile, per niente chic, immangiabile, ciccione e rarissimo!

venerdì 19 febbraio 2016

Io, ti uccido

 

Ti vedo, sai? Passo ore ad osservarti. Sono rari i momenti in cui distolgo lo sguardo da te o non ti presto orecchio. Mi sfuggi e non ti fai prendere. Forse una, o due volte, sono riuscita ad afferrarti, per poi perderti subito dopo. Di te non mi è rimasto niente. Eppure non riesco a smettere di ammirarti, desiderarti, agognarti. Sei tutto ciò che vorrei. Sei così perfetta. Ho fatto di tutto per averti, a nulla sono serviti i mille espedienti, i numerosi sotterfugi, le suppliche e le preghiere. Ma tu rimani glaciale, insensibile. Distante. Il tuo silenzio è assordante, la tua indifferenza soffocante.
Tu non mi vuoi. Giustamente. Che fartene di me che perfetta non lo sono. Lunatica, spesso scontenta, a tratti irascibile, severa e poco flessibile. Vomitevole per quanto sono condiscendente, lo faccio perché spero che gli altri siano a loro volta carini con me, anche se non lo ammetterò mai. Ma tu non ci caschi. Tu mi conosci bene. Ho un disperato bisogno che gli altri siano carini con me.
Fai bene a non volere la mia compagnia, anch'io non mi sopporto. Hai ragione, non siamo per niente fatte l'una per l'altra. Solo ora sto incominciando a capirlo. E' difficile da accettare, quando passi buona parte della tua vita a desiderare qualcosa, il desiderio diventa tutto per te. La tua ragione d'essere. Sarei potuta andare avanti così all'infinito, per il resto del tempo che mi è dato da vivere. Ma sto rischiando di morire e all'improvviso ho capito che, per quanto imperfetta, per quanto indesiderabile, per quanto misera, io sono tutto ciò che ho. E per continuare a vivere ti devo eliminare.
Ti vedo, sai? Passo ore ad osservarti. Non ti tolgo gli occhi di dosso. Sto aspettando il momento giusto per ucciderti. Per uccidere il mio Io Ideale.

Tua, Narciso
...esiste anche un ideale dell'io che pone l'io in uno stato di mortificazione rispetto agli ideali che vorrebbe realizzare senza riuscirci. Tutto ciò genera inquietudine, insoddisfazione e in certi casi sensi di colpa...quando l'ideale dell'io fa sentire l'io in uno stato di perenne inferiorità e insufficienza, allora l'ideale dell'io diventa persecutorio e la vita un tormento, se non addirittura una malattia, la malattia di un'identità mancata, per aver posto l'ideale dell'io troppo in alto rispetto alle nostre capacità di realizzarlo. A lavorare, sotto sotto, c'è un'istanza narcisistica che non ci consente di accettarci per ciò che siamo, se non raggiungiamo l'ideale che l'io si è prefissato.
Da questa guerra tutta interna a noi stessi, che ci divora e non ci fa mai sentire soddisfatti dell'esistenza, si esce rinunciando alla perfezione che ci si è autoimposta. Accettando la parte umbratile della nostra personalità, quella di cui non andiamo fieri, quella che vorremmo che nessuno scoprisse, quella che ci fa sentire “punti nel vivo” quando qualcuno ce la svela.
...esponiamoci al mondo per quello che siamo, lasciandoci modificare da tutti gli incontri, evitando di cercare noi stessi in quella guerra inutile tra l'io e il suo ideale che ci isola dagli altri, e non ci fa approdare se non in quella terra desolata e solitaria, dove a farci compagnia è solo la nostra insoddisfazione.

Umberto Galimberti

mercoledì 17 febbraio 2016

Il mondo non può. Tu si.


Anche Henry è fuori ma vorrebbe tanto stare dentro. Essere orfano e aver ereditato una somma ingente con la morte dei genitori non aiuta: non sai mai se la gente sta con te per come sei o per i tuoi soldi. Henry, invece, sa benissimo perché vorrebbe stare con la gente, lì fuori: loro sanno come si sta al mondo e lui no. Ne deve passare di avventure, di davvero singolari, il protagonista di “Trascurabili contrattempi di un giovane scrittore in cerca di gloria” di Michael Dahlie prima che inizi a comprendere che cosa significa vivere la propria vita da protagonista e non da semplice spettatore. Deve arrivare ad arrabbiarsi, e anche molto, lo fanno proprio incazzare.
In fondo, poi, lo sappiamo tutti come va la vita, ma a quelli testoni come Henry e me non entra in testa...
...non c'è niente che si possa fare per prevenire ciò che accadrà nella vita... Il mondo è un luogo insidioso e imprevedibile... il mondo non era un posto che apparteneva a programmatori e pianificatori.
Sarebbe ora di smetterla di preoccuparci troppo degli altri. Sarebbe ora di smetterla di confrontarci con gli altri. Sarebbe ora di smetterla di cercare fuori di noi quello che abbiamo già dentro: risorse, innumerevoli, infinite, uniche. Sarebbe ora di incominciare proprio ad amarci, rispettarci e fare il tifo per noi, senza aspettare chissà chi e che cosa. Sarebbe ora che la smettessimo di vergognarci, che se c'è qualcuno di cui dobbiamo essere orgogliosi prima di tutto e tutti siamo noi stessi.
Sarebbe proprio ora... Che cosa stiamo aspettando? Che ci facciano incazzare?!
The world can't give that serenity,” he said. “The world can't give us peace. We can only find it in our hearts.”
I hate that,” I said.
I know. But the good news is that by the same token, the world can't take it away.”
Il mondo non ci può dare la serenità che cerchiamo,” disse. “Il mondo non ci può dare pace. La possiamo trovare solo nei nostri cuori.”
Odio questa cosa,” risposi.
Lo so. Ma la buona notizia è che per la stessa ragione, il mondo non può portarcela via.”

lunedì 15 febbraio 2016

Dentro e fuori


Ci sono giorni in cui mi sento rinchiusa, bloccata, inchiodata. Guardo il mondo fuori dalla finestra, mentre lui va avanti e io no, immobile. E guardo chi abita quel mondo, chi vi ha casa, un proprio posto, consapevole di dov'è e di dove sta andando. Li guardo, quegli abitanti, col passo sicuro di chi sa dove è diretto, che cosa sta cercando, che cosa vuole. Mentre io no. Li guardo affaccendarsi, impegnati e concentrati, iniziare e finire le giornate, iniziare e finire obiettivi e compiti, portare a casa, nel loro posto del mondo, risultati. Mentre io no. Li guardo e li vorrei raggiungere, aprire la porta che mi tiene imprigionata, rompere il vetro che mi separa da loro. «Cosa state facendo? Dove siete diretti? Vengo anch'io. Portatemi con voi». Ma, soprattutto, svelatemi le regole del gioco, come fate a stare in questo mondo, quali sono i trucchi, i sotterfugi. Insegnatemelo, perché io non lo so come si fa a stare in questo mondo e vorrei proprio tanto, tanto, farne parte.
Ci sono giorni che sono fuori, in questo mondo, che vago da una parte all'altra sicura, decisa e distratta: inizio e finisco le giornate, inizio e finisco compiti, porto a casa risultati. Non mi fermo un attimo, non ho pensieri e neanche il tempo di farli; le cose mi passano accanto senza che io me ne accorga. Ci metto un po' a realizzare che sono tutti dentro e solo io sono fuori. E mi guardano, fermi, immobili, mentre io saltello da una parte all'altra. Ho di nuovo sbagliato. I tempi? Il modo? Le regole?
Sono di nuovo sola? O sono sempre e comunque sola, che io sia dentro o sia fuori? E allora, dove stare? Quando è giusto restare, in ogni caso, dentro al proprio fianco o quando è il momento di tradirsi, abbandonarsi, lasciarsi soli per seguire gli altri fuori? Dove potrà mai portarmi tutto questo mio dannarmi, tra dentro e fuori?
Adoro quelli che si sentono fuori posto. Con loro mi sento sempre nel posto giusto.
Charles Bukowski

venerdì 12 febbraio 2016

The Wild Rose

Sometimes hidden from me
in daily custom and in trust,
so that I live by you unaware
as by the beating of my heart,

Suddenly you flare in my sight,
a wild rose blooming at the edge
of thicket, grace and light
where yesterday was only shade,

and once again I am blessed, choosing
again what I chose before.

Wendell Berry

Qualche volta a me nascosto
nella consuetudine quotidiana e nella fiducia,
così che io vivo al tuo fianco inconsapevolmente
come con il battito del mio cuore,

Improvvisamente risplendi nel mio sguardo,
una rosa selvatica che fiorisce al limitare del bosco, grazia e luce,
dove ieri vi era solo ombra,

e ancora una volta sono benedetto, scegliendo
ancora ciò che scelsi prima.


All'amore che si riscopre, ogni giorno, a quello che scelgo da ormai quindici anni e quello che ci ha scelti da quasi tre anni.

mercoledì 10 febbraio 2016

Bird by Bird


E' una bellissima mattinata, il sole splende, gli uccelli, cinguettano, il vento gioca con le foglie; un uomo passeggia tranquillamente per la strada quando qualcosa lo colpisce, il passo si blocca, il corpo irrigidito, sul viso un'espressione tra lo sconcerto e lo stupore. Il tempo di scuotersi e l'uomo si precipita a casa, accende il pc e si mette a pigiare sui tasti: quell'uomo è uno scrittore e sta scrivendo il suo libro.
Oppure: una stanza tappezzata di libri, così tanti volumi che ingombrano anche il pavimento, il piccolo divano sotto la finestra e parte della scrivania nell'angolo. Una donna entra con in mano una tazza di tè o caffè destinata a raffreddarsi rimanendo imbevuta, si siede al tavolo e incomincia a scrivere, scrivere, scrivere... a tratti alza la testa, lo sguardo perso, per poi riprendere subito dopo. Questa donna è una scrittrice e sta scrivendo il suo romanzo.
Un po' ridendo, un po' scherzando, ma anche un po' seriamente, me lo sono sempre immaginato così l'atto di scrivere: un'urgenza interiore, una voce che ti parla e che ti chiede di mettere per iscritto quello che ti sussurra, un atto misterioso che non si può imparare, non si può insegnare ma solo fare. Un mistero, appunto.
Invece un giorno incontri un libro e quel libro ti apre le porte di quel mistero, alza il velo e ti fa vedere come fare, ti fa pensare che potresti farlo anche tu, che ci potresti provare almeno, o almeno sapresti da che parte incominciare, così, per scherzo, un giorno che non hai niente da fare.
Un libro che ti fa vedere che scrivere è dannatamente serio, che ti conferma che è dannatamente difficile, che richiede un forte impegno e un'ancora più forte forza di volontà; non è affatto uno scherzo, non è affatto un mistero, è vivere, per quanto misteriosa sia la vita.
Writing can get you to start paying attention, can help you soften, can wake you up...If you are a writer, or want to be a writer, this is how you spend your days – listening, observing, storing things away, making your isolation pay off. You take home all you've overheard, and you turn it into gold. (Or at least you try)
(Scrivere ti obbliga a prestare attenzione, ti aiuta a commuoverti, ti risveglia... Se sei uno scrittore, o vuoi esserlo, così è come trascorri i tuoi giorni – ascoltando, osservando, mettendo da parte, facendo in modo che il tuo isolamento ti renda. Porti a casa tutto quello che hai ascolta e lo trasformi in oro. O almeno ci provi.)

Anne Lamott in “Bird by Bird. Some Instructions on Writing and Life” non affronta solo il lato poetico dello scrivere ma si sporca le mani e affronta tutti i passaggi di questo atto: da come si delineano i personaggi, come si scrivono i dialoghi, come si crea il paesaggio, come si maneggia una trama, l'importanza di avere qualcuno che legga il tuo manoscritto, come si supera il blocco dello scrittore, che cosa significa davvero essere pubblicati e tanti altri aspetti di questo lavoro che, almeno per me, rimanevano oscuri, appunto misteriosi. E' la prima volta che leggo un libro che spiega in modo dettagliato, chiaro e molto divertente che cosa significa scrivere e, facendolo, ti da anche lezioni di vita.
Anyone who wants to can be surprised by the beauty or pain of the natural world, of the human mind and heart, and can try to capture just that – the details, the nuances, what is. If you start to loook around, you will start to see... That kind of attention is the prize.
(Chiunque lo voglia può provare meraviglia di fronte alla bellezza della natura o al suo dolore, di fronte alla mente umana e al suo cuore, e può provare a catturare tutto ciò – i dettagli, le sfumature, tutto. Se incomincia a guardarti attorno, incominici a vedere... Quel tipo di attenzione è il premio.)

E la parte più importante di tutto non è essere pubblicati, ma scrivere.
Writing has so much to give, so much to teach, so many surprise. That thing you had to force yourself to – the actual act of writing – turns out to be the best part. It's like discovering that while you thought you needed the tea ceremony for the caffeine, what you really needed was the tea ceremony. The act of writing turns out to be its own reward.
(Scrivere ha molto da darti, molto da insegnarti, così tante sorprese. Quella cosa che devi obbligarti a fare – l'atto di scrivere – si rivela essere la parte migliore. E' come scoprire che mentre pensavi avessi bisogno della cerimonia del tè per avere un po' di caffeina, quello di cui avevi realmente bisogno era la cerimonia del tè. L'atto di scrivere si rivela essere la proprio ricompensa.)

Viene proprio voglia di compiere questo rituale, tutti i giorni, bird by bird, un passo alla volta.

lunedì 8 febbraio 2016

La vita, ultimamente 16


A gennaio ci siamo dati da fare, non si può proprio dire che siamo rimasti con le mani in mano; speriamo che il famoso chi ben comincia è a metà dell'opera si riveli veritiero.
In una soleggiata domenica pomeriggio abbiamo inaugurato il nostro nuovo abbonamento musei; abbonamento che abbiamo sempre fatto per tanti anni e che poi l'anno scorso, per pigrizia forse, non abbiamo più rinnovato. Ci è mancato, però, questo peregrinare per musei e, anche se non siamo esperti in materia, pensiamo sia un ottimo modo per allenare la mente e gli occhi al “bello” e da cui prendere spunto per le attività di VV.
La prima mostra che abbiamo visto è stata “Matisse e il suo tempo. La collezione del Centre Pompidou”, presso Palazzo Chiablese di Torino fino al 15 maggio. Nessuna lezione per VV se non la libertà di vagare per le sale, soffermarsi a guardare i quadri che più la attiravano o semplice domande come “Che cosa vedi in questo disegno?”. Alla mostra abbiamo scoperto che si può disegnare facendo solo dei semplici puntini e tornati a casa, la sera, ci siamo subito messi all'opera. VV si è entusiasmata tantissimo per questa attività a tre!


Dopo l'album delle foto, finalmente ho stampato le immagini per le cornici comprate non so quanti secoli fa e mai appese; attività che non mi ha portato via molto tempo e che mi ha confermato si trattasse solo di pigrizia da parte mia. Sono molto soddisfatta del risultato, soprattutto per quanto riguarda le foto di VV: mi piace molto l'effetto creato dall'angioletto con la sua iniziale e la sua prima candelina di compleanno. Per realizzarle ho comprato delle semplici cornici Ikea (queste) che sono profonde abbastanza per permettere l'inserimento di piccoli oggetti. L'idea, invece, l'ho copiata da mia cognata.


Altri progetti sono invece ancora solo in bozza, come quello sulla cucina. Tranquilli, questo non sta per diventare un food blog, semplicemente voglio rivedere il nostro approccio al cibo di tutti i giorni e la pianificazione dei pasti, ve ne parlerò non appena riuscirò a metterlo in atto. Per ora è aumentata in maniera esponenziale la produzione di dolci fatti in casa.


Ma la grande novità di questo 2016 è un bellissimo corso che mi ha regalato (che ve lo dico a fa...) mio marito per Natale. Sono così felice che nessuno dei due stia rispettando l'accordo “niente regali a Natale”! Mai avrei pensato di varcare le porte della mitica “Scuola Holden” fondata da Alessandro Baricco, considerata una sorta di tempio dalla sottoscritta. Inutile dirvi che il mercoledì è diventato il mio giorno preferito della settimana; ve ne parlerò quanto prima, non appena l'emozione mi permetterà di mettere in fila due parole che abbiano senso!


venerdì 5 febbraio 2016

Spark Joy!


Marie Kondo, o si ama o si odia. Deve esserle giunta voce e si è affrettata a scrivere un secondo libro, per dimostrare che non è così severa, estrema e freak control come molti credono...
Questo libro non avrei dovuto leggerlo, secondo quanto premesso dall'autrice (allora Marie, vedi che sei rigida...) perché pur avendo letto “Il magico potere del riordino” non l'ho mai messo in pratica, almeno non completamente... (E comunque, Marie, tranquilla, non mi hai spaventata anzi, hai confermato ancora di più quello che pensavo in merito).
Visto che non sono stata alle regole con il primo, tanto vale non esserlo neanche con il secondo, “Spark Joy”, mi sono detta e così, soprattutto, l'ho letto in anteprima per voi, non essendo ancora tradotto e pubblicato in Italia.
Di che cosa si tratta in questa seconda pubblicazione? E' una guida illustrata, una raccolta di know-how del metodo KonMori, una sorta di enciclopedia del riordino; in questo volume l'autrice scende davvero nei particolari e illustra categoria per categoria come affrontare la selezione degli oggetti che vi danno gioia e come poi metterli a posto, come potete vedere in questa parte di indice:


Questa è stata la parte che mi ha annoiata di più, forse perché non interessata al momento ad affrontare il suo metodo, anche se sono stata contenta di vedere come si dovrebbero piegare i vestiti secondo Marie Kondo, perché con il primo libro non l'avevo capito. (Per me è no, grazie, continuo come ho sempre fatto)


Parte che si può comunque leggere velocemente se non saltare o affrontare in base alle categorie che interessano in quel momento (a vostro rischio e pericolo, però, perché uno dei capisaldi di questo metodo è quello di seguire uno specifico ordine durante il processo)


Marie però si è addolcita e lei stessa ammette che ognuno di noi deve trovare il proprio metodo per riordinare e liberarsi delle cose che non ci danno più gioia. Ed è proprio questo concetto che, forse, durante la lettura del primo libro mi era sfuggito: bisogna concentrarsi su quello che vogliamo tenere nella nostra vita, piuttosto che su quello di cui vogliamo liberarci.
E' una preziosa opportunità per imparare, per confrontarti con te stesso, un' occasione che ti permette di ridefinire il tuo rapporto con ciò che possiedi e di creare lo stile di vita che più ti da gioia...
Gli oggetti fanno parte di noi... La tua mente determina il valore di quello che possiedi... Mettere in ordine la tua casa significa mettere in ordine la tua vita e prepararti per il prossimo passo...
Anche se non sono al momento interessata ad affrontare il suo metodo, pur continuando con il decluttering (metodo che comunque io consiglio ha chi sente il bisogno di dare uno scossone alla propria vita, secondo me funziona se seguito alla lettera), la lettura di questo libro ha confermato il mio intento nel cercare gioia tutti i giorni della mia vita, in tutti i campi: tra le cose che faccio, come le faccio, gli oggetti che possiedo e l'uso che ne faccio, ad esempio.
Come scrive Marie Kondo stessa, quello che più ci da gioia è apprezzare la vita di tutti i giorni, non darla per scontata e
Se lo fai indossando scarpe che ti danno gioia, è certo che ti condurranno a un futuro più luminoso.

mercoledì 3 febbraio 2016

Un guardaroba quattro stagioni


Tutti i nostri amici di vecchia data non hanno figli o chi li ha abita dall'altra parte dell'oceano così, quando è nata VV, a molti che mi chiedevano di cosa avesse bisogno io rispondevo «Vestiti!». (In realtà abbiamo ricevuto anche tanti regali utili, dal trio al seggiolone passando per le lenzuola, ma questa è un'altra storia) Non vi dico che festa, poco dopo la sua nascita, aprire tutti quei pacchettini contenenti abitini che sembravano fare a gara in piccolezza e bellezza. Festa che è durata molto poco, soprattutto quando ho realizzato che molti di questi abiti li ha indossati una volta e alcuni neppure una.
Non sono amante degli sprechi, soprattutto se una cosa mi piace e mi rendo conto di non avere fatto in tempo ad usarla; considerato poi che VV non riceve regali in continuazione, la questione vestiti, il costo e come sfruttarli il più possibile mi ha impensierita da subito. Ho pensato quindi potesse essere di interesse per le mamme, future mamme, ma anche a chi deve fare un regalo, sapere qual'è la soluzione che ho escogitato e che per ora funziona con ottimi risultati. Vestiti per bambini sfruttati per più stagioni? Ora vi dimostro che si può!

Saldi, saldi, saldi!

A parte bisogni non calcolati, il 99% degli abiti per VV li ho sempre comprati e li compro tutt'ora durante le svendite di fine stagione. T-shirt, magliette a maniche lunghe, camicette, felpe, calze, body, ecc. sono abiti che si trovano durante tutte le stagioni; non essendo una maniaca della moda non ho nessun problema a comprare abiti delle vecchie collezioni. Ad esempio questo è il momento per comprare il piumino per il prossimo inverno! Io ho anche comprato il pigiama, come vi ho raccontato qui.

On Line!

Se c'è un posto poi dove le stagioni non sono più quelle di una volta è internet. Quasi tutte le marche hanno uno shop on-line e sui loro siti potete trovare abbigliamento di tutti i tipi, per tutte le occasioni e per tutte le temperature. Spesso poi fanno svendite anche al di fuori dei canonici periodi di saldo, vi consiglio di controllare regolarmente la pagina saldi.

Pensate in grande!

Questo è stato il mio primo escamotage in assoluto: comprare vestiti di una taglia più grande. Alle volte anche di un anno e mezzo più grande... Non lasciate che siano i vestiti a restringersi sui vostri bambini ma quest'ultimi a crescerci dentro. Maglie, magliette e pantaloni si possono risvoltare; i bambini non crescono in larghezza ma solo in altezza, prima di archiviare un capo di abbigliamento, provateglielo: così facendo ho scoperto che i leggings dell'anno prima questa estate VV li ha usati come pantaloni al ginocchio e vi posso assicurare che non le stavano per niente stretti.


Ci credereste se vi dicessi che i pantaloncini che indossa nella foto qui sopra sono taglia 6 mesi?! VV quell'età l'aveva a Natale, se avessi guardato solo l'etichetta non li avrebbe mai indossati e invece li abbiamo usati per ben due estati di seguito! Per le femminucce poi, i vestiti di un'estate possono diventare quella seguente delle magliette. Guardate la foto qui sotto:


Così facendo non solo è un gran bel risparmio e possiamo sfruttare di più gli abiti in nostro possesso ma, soprattutto, abbiamo la gioia di indossare ciò che più ci piace ancora e ancora e ancora! Sbizzarritevi, provate diverse soluzioni e vedrete che troverete quella più adatta a voi e al vostro bambino; così facendo, vedrete, gli abiti non andranno più sprecati e proverete la soddisfazione di logorarli!

P.S. VV è una bambina sana che cresce rispettando perfettamente le percentuali previste dalle tabelle di crescita. Ora veste una taglia... 4 anni! ;-)

lunedì 1 febbraio 2016

Pesciolino Photo Album


Diversi anni fa, quando sbocciò in me la passione per la fotografia, mio fratello e mia cognata mi regalarono un bellissimo album completamente fatto a mano: carta ruvida, velina, una bellissima fantasia e una fattura artigianale di valore.


Uno di quei regali così belli che fin da subito sai che terrai da conto perché un album così non può che conservare dei ricordi preziosi. Non lo dissi a nessuno, forse non ebbi il coraggio di sussurrarlo nemmeno a me stessa, lo misi da parte sperando e augurandomi che un giorno, quell'album, sarebbe diventato il custode delle foto di nostro figlio.


I sogni, a volte, si realizzano e così, finalmente, delle foto sono andate ad abitare quell'album prezioso; tra quelle pagine vivono i ricordi della mia gravidanza, quando VV era ancora solo Pesciolino, per poi arrivare al grande giorno, il momento più emozionante in cui, io ad occhi chiusi, sentii la voce dell'ostetrica annunciare: «E' Vittoria!». Se mi concentro, sento ancora quella voce risuonare nelle mie orecchie e mi commuovo.


Vittoria cresce e tra queste pagine ci sono tutte le sue avventure e disavventure, il primo Natale, il S. Battesimo, i suoi giochi preferiti, i libri, gli amici e i cuginetti, la prima pappa, i primi passi. Non ho mai tenuto un diario per lei, ci ho provato ma non ci sono riuscita, ma questo è comunque il mio racconto per lei, sotto forma di fotografia, dei suoi primi anni di vita.


Un' altro dei buoni propositi di quest'anno è completare l'album, perché sono ancora molto indietro con le foto da scegliere, stampare e poi attaccare. Così come sono ancora molte le cornici che ho comprato che aspettano una fotografia e poi di essere appese al muro. Ce la farò, ce la farò...
Spero un giorno le piaccia, così come sta piacendo a me testimoniare giorno per giorno il suo cammino, impreziosirlo con frasi, adesivi e nastri colorati. Non mi stanco mai di sfogliarlo, così come non mi stancherò mai di fotografare VV.