lunedì 27 febbraio 2017

Turineisa - La giornata di uno scrittore


Una giornata tipo di uno scrittore torinese me la immagino così, o io la trascorrerei in questo modo fossi una scrittrice e abitassi in centro a Torino. Un po' di fantasia non ha mai fatto male a nessuno...

Dopo ore trascorse davanti al pc cercando di scrivere il romanzo della vita, dopo aver percorso chilometri lungo il corridoio di casa alla ricerca del vocabolo perfetto, dopo aver pranzato da solo di fronte a uno schermo luminoso, dopo aver cominciato a dubitare di essere parte della banda, decide che è ora di uscire a prendere una boccata d'aria fresca. Passeggiando per Via Garibaldi direzione Piazza Castello, fa una piccola deviazione sulla sinistra, tra strette strade a senso unico che lo condurranno al “Bicerin”, storico e famoso locale frequentato da Cavour che da il nome all'altrettanta storica bevanda; c'è sempre la coda di fronte al piccolo bugigattolo tappezzato di marmo, legno e specchi che ospita pochi tavolini, ma lui non si fa trovare impreparato e in attesa legge “Carie”. Dopo aver gustato un'ottima cioccolata calda con panna e aver fatto pace col mondo e le sue velleità di scrittore, riprende il cammino che lo condurrà al “Circolo dei lettori”, non prima però di aver sbirciato le novità esposte alla “Libreria Luxemburg” e fatto un salto al primo piano tra trappetti e palchetto scricchiolante, a sfogliare le edizioni in lingua inglese, sua grande passione. A seconda del giorno della settimana, potrebbe essere impegnato a seguire un corso presso la “Scuola Holden” sognando di diventare uno dei docenti. Il venerdì non si perde le zandebirre di “Zandegù”: ha sentito dire che ora sta per partire anche il bookclub. In attesa che inizi, prende parte agli incontri di Bookcoaching Torino, per capire che cosa sia mai questa nuova diavoleria di fare coaching con i libri...
All'ora di tornare a casa, avrà fatto pace con i libri e le parole che si saranno rivelati, ancora una volta, i migliori compagni di vita.

In ordine di apparizione:

Bicerin: dal 1763, meta obbligata ed esperienza imperdibile per tutti i golosi.
Carie, La rivista letteraria che va alla polpa: fondata a Torino nel 2016, nasce in un Centro dentistico durante una pulizia dei denti, quando Ilaria e Davide, stufi delle solite riviste in sala d’attesa, hanno deciso di fondarne una. A loro si sono uniti gli altri "cariati”, appassionati di lettura, scrittura e illustrazione e si è formata la redazione. Anche se come questo sia davvero avvenuto, non è ancora chiaro a nessun cariato.
Circolo dei Lettori: fin dalla sua nascita (2006) si è rivolto agli amanti delle storie, a cui ha offerto un luogo elegante (il secentesco Palazzo Graneri della Roccia, in pieno centro a Torino) e un programma fitto di incontri, reading, presentazioni, gruppi di lettura e altri appuntamenti focalizzati sull’esperienza letteraria.
Libreria Luxemburg: la libreria più antica della città, aperta nel 1872 con il nome inziale di “Libreria Casanova”.
Scuola Holden: scuola per narratori fondata nel 1994, battezzata così perché l’idea era quella di fare una scuola da cui Holden Caulfield non sarebbe mai stato espulso.
Zandegù, “Tiriamo fuori i sogni dai cassetti”: credono in tante cose, soprattutto che non si smette mai di imparare e che se non sei curioso, lascia perdere.
Bookcoaching Torino, “Un buon libro non è quello che leggiamo ma quello che ci aiuta a leggere noi stessi”.

E ora che sappiamo che cosa fanno, dove vanno e che cosa leggono gli scrittori torinesi, non ci rimane che scoprire che cosa scrivono.

lunedì 20 febbraio 2017

Tre cose che ho imparato grazie alla malattia


Se c'è una cosa che ho constatato da quando mi sono ammalata è che è difficile, per le persone che ti sono accanto, comprendere fino in fondo come ti senti, che cosa pensi, quello che provi; è più facile per chi ha vissuto un'esperienza uguale o simile ma, esattamente come capitava all'università che passavi da chi ti diceva che il tale professore era un incompetente, oppure un fetente agli esami, a chi l'aveva adorato: ogni esperienza è unica.
Condividere però può aprire uno spiraglio, gettare un piccolo fascio di luce, aiutare a capire, anche in minima parte. Qui di seguito tre cose che hanno generato un grosso cambiamento in me e nel mio modo di pensare, o che mi hanno fatta arrabbiare...

Ed è subito odore di santità
Quando dicono “Tutto questo mi ha insegnato a mettere in giusta prospettiva le cose, a comprendere a che cosa davvero dare importanza nella vita”. E io mi sono sempre immaginata sul viso di chi parla uno sguardo di superiorità, di chi ha la verità in tasca. Me lo sono anche immaginato non battere ciglio mentre è in coda se qualcuno gli passa davanti perché lui non ha tempo da perdere in queste sciocchezze, ci sono cose più importanti nella vita.
Io invece parto dal presupposto che sono già arrabbiata per quello che mi è successo e se tu mi passi davanti non sono affatto serafica, perché semmai io ho forse meno tempo da perdere di te. Voglio la corsia preferenziale, non l'aureola.

Devi essere forte, stai combattendo una battaglia
Lo so che chi lo dice lo fa con tutte le buone intenzioni e per spronarti ad essere forte e tenere duro. La verità però è che implica una tua responsabilità nell'esito che purtroppo non hai: se guarisci sei stata brava, se non lo fai hai fallito. Io posso decidere come affrontare la prova a cui sono stata messa di fronte, posso decidere se lasciarmi sommergere e schiacciare, o cercare in tutti i modi di non farmi abbattere, di tenere alto l'umore e cercare di continuare a vivere e non sopravvivere. Prendo coscienziosamente le medicine che mi danno i medici e spero, posso solo sperare; l'esito purtroppo non dipende da me (per fortuna! Voi la vorreste questa responsabilità???). Sento che non ci sono vinti né vincitori.

Sette vite come i gatti
Quando scopri di essere malato la vivi come una grossa ingiustizia. “Perché a me? Perché proprio io?” e ti senti sfortunato, guardi gli altri con occhi arrabbiati quasi fosse colpa loro. Per molto tempo mi sono sentita come se tutti gli altri fossero nati con sette vite come i gatti e io, invece, una sola. Poi un giorno l'illuminazione: se c'è una cosa che ci accomuna è proprio la morte, è il destino di tutti. Solo in quel momento ho compreso davvero fino in fondo quello che mi ha detto il mio medico quando ha visto che ero confusa: “Vuoi che parliamo di percentuali? Vuoi che parliamo di probabilità? Perché quello che ti posso dire io è che incominciamo ad avere che fare con loro nel momento esatto in cui veniamo al mondo: la possibilità di ammalarci, di avere un incidente, ecc.”
Ho capito che posso scegliere di passare il mio tempo a preoccuparmi per la mia malattia o accettare il fatto che il mio destino potrebbe essere di morire per la classica tegola sulla testa: tanto non lo so e rischio solo di sprecare il mio tempo, quello che mi è concesso e che nessuno, nessuno di noi sa quant'è. E voi non sapete che sollievo.
Abbiamo riso tutti alla famosa frase “Ricordati che devi morire!”, “Sì sì, mo'... mo' me lo segno”. Date retta a una cretina, segnatevelo.

Remembering that you are going to die is the best way I know to avoid the trap of thinking you have something to lose. You are already naked. There is no reason not to follow your heart.
Steve Jobs

Facciamo in modo di essere vissuti abbastanza.
Seneca

(Ricordare che sei destinato a morire è il modo migliore per evitare la trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Sei già nudo. Non c'è nessuna ragione che ti impedisca di seguire il tuo cuore.)

lunedì 13 febbraio 2017

Turineisa


Vi ricordate quando studiavate letteratura italiana alle scuole superiori? Come ogni periodo storico avesse il suo corrispondente letterario? Di come gli scrittori fossero ben inquadrati in perfette caselle: dal al romanticismo, dal al naturalismo, dal al decadentismo, e così fino a... Ecco punto, fino a dove siete arrivati a studiare voi? Ho ripreso in mano la mia antologia del liceo e le ultime sottolineature riguardano l'ermetismo, una corrente poetica attiva a Firenze negli anni 1930-40. E poi cosa è successo? Nessuno ha più scritto? Non c'è più storia, non c'è più letteratura?
Non voglio riempire il buco tra gli anni quaranta fino ad oggi ma ho realizzato che io sto vivendo in un determinato periodo storico e che gli scrittori continuano a scrivere e non credo siano molto diversi dagli scrittori studiati sui banchi di scuola; amante dei libri come sono, non sono anche curiosa di sapere che cosa hanno da dire oggi? Forse è più difficile comprendere un determinato arco temporale mentre lo si sta vivendo, forse solo a posteriori si potrà scoprire una corrente letteraria, un argomento comune o uno stile, un sentire che unisca i diversi scrittori, ma nulla mi vieta di leggere i contemporanei sotto questa nuova luce.
Non tutti però, sarebbe un lavoro titanico per me, ma gli scrittori della mia città; è così che è nata l'idea di una nuova rubrica: Turineisa, dove condividerò con voi le pubblicazioni degli scrittori torinesi degli ultimi anni e dove cercherò di comprendere la vita letteraria e culturale della Torino contemporanea. Non avrà una cadenza fissa, ma seguirà semplicemente i miei tempi di lettura.
Sono molto curiosa di scoprire che cosa hanno da raccontare, come lo raccontano e perché; curiosa di scoprire le voci di Torino.
Torniamo sui banchi di scuola?
Essere scrittore non vuol dire solo maneggiare le parole. Significa soprattutto stare attenti alla realtà circostante, alle persone, agli altri...Gli artisti sono sempre piccoli David di fronte a un enorme Golia. Non sono loro a far cadere i regimi, ma vivendo nell'Attuale, nel loro tempo, nel loro “ora”, se non altro ne osservano le storture; se non altro, tentano di capire il perché e il quando delle cose, di ciò che non va. E capire è già molto.

Antonio Tabucchi

lunedì 6 febbraio 2017

Momenti di essere


Non sono una grande lettrice di saggi, anche se spesso mi riprometto di leggerne di più perché credo che cambiare tipo di lettura sia un ottimo allenamento e perché è importante non smettere di imparare e scoprire nuovi punti di vista e nuovi orizzonti. Possedevo questo libro da tempo immemorabile, giaceva in mezzo a molti altri sugli scaffali della mia libreria dedicati ai libri ancora da leggere e, in cerca di ispirazione ad inizio d'anno, ho pensato fosse una buona idea rivolgermi a colei che considero un po' la mia musa: Virginia Woolf.
Momenti di essere” è una raccolta di saggi autobiografici, una sorta di memorie in cui Virginia Woolf percorre quasi quarant'anni della sua vita e in cui analizza alcune delle figure che più hanno avuto influenza su di lei: la madre, il padre, i fratelli e le sorelle.
L'aspetto autobiografico però, se pure molto interessante come aspetto, è solo un pretesto per analizzare la realtà.
Su questo passato influisce molto il momento presente. Quello che scrivo oggi non lo scriverei tra un anno.
E come scrivere, come raccontare, come rendere per iscritto questo flusso della vita che Virginia Woolf sente dentro di sé è la vera indagine di questi scritti. E' affascinante scoprire come questa autrice avesse ben chiaro in mente ciò che voleva dire e come volesse renderlo e fosse alla costante ricerca del come.
...rimettere insieme i frammenti. Questo è forse il piacere più intenso che io conosca. E' l'ebbrezza che provo quando scrivendo mi sembra di scoprire i collegamenti precisi; di rendere vera una scena; di dare coerenza a un personaggio.

Tante volte nello scrivere i miei cosiddetti romanzi mi sono trovata di fronte al medesimo ostacolo: come descrivere quello che nel mio linguaggio privato chiamo “il non-essere”. In ogni giornata il non-essere è molto di più che l'essere. E' sempre così. Gran parte di ogni giornata non la si vive consciamente. Si cammina, si mangia, si vedono delle cose, si provvede alle nostre incombenze; l'aspirapolvere rotto; il pranzo da ordinare; la nota della spesa per Mabel; il bucato,; i pasti da cucinare; i libri da rilegare. Se è una cattiva giornata la proporzione di non-essere è molto più elevata. Un vero scrittore riesce a rendere entrambi gli stati... Io non ne sono mai stata capace. Ho tentato – in “Notte e Giorno”; e in “Gli anni”.
Saggi utili quindi non solo per conoscere meglio il personaggio Virginia Woolf e la sua vita vittoriana da bambina e di membro del Gruppo Di Bloomsbury da ragazza, ma anche la scrittrice e meglio così apprezzare i suoi romanzi che, pur amando tantissimo, confesso di trovarli di non facile lettura.

Se avete piacere di approfondire la conoscenza di questa autrice, vi consiglio di iniziare leggendo la biografia scritta da suo nipote Quentin Bell “Virginia Woolf, mia zia” e, ovviamente, il diario di Virginia Woolf. Il suo romanzo che più ho amato è stato “Gita al faro”, seguito subito dopo da “Mrs Dalloway”, non mi sono ancora cimentata invece con “Le onde”, mi intimorisce.
...un'idea che ho sempre avuto; che dietro l'ovatta si celi un disegno; che il mondo intero è un'opera d'arte; che noi siamo parte di quell'opera d'arte... Questa mia intuizione – è così istintiva che mi sembra data, non costruita da me... Perché la nostra vita non si esaurisce nel corpo e in ciò che diciamo e facciamo; in ogni momento la nostra vita si rapporta a certe unità di misura nello sfondo, a certi concetti. Il mio è che esiste un disegno dietro l'ovatta. E questo concetto influisce su di me ogni giorno. E lo dimostra, ora, il fatto che passi la mattina scrivendo, invece di fare passeggiate, tenere un negozio, o imparare qualcosa che risulti utile se viene la guerra. Mi sembra che scrivendo io stia facendo una cosa che è di gran lunga la più necessaria di tutte.